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NUMERO 18 - 27/09/2017

 La cittadinanza 'composita' in alcune esperienze europee

Mai come oggi l’Europa si trova allo specchio interrogandosi sulla propria identità. Sebbene la crisi migratoria scoppiata in tutta la sua drammaticità nel 2015 abbia investito l’Europa, mettendo a nudo un’ultima fragilità del vecchio continente, essa è stata preceduta da un più silenzioso continuo moto migratorio che dagli inizi del XXI secolo ha interessato in via incrementale le società europee, trovando le stesse impreparate di fronte alle molteplici sfide culturali, sociali e politiche che l’immigrazione porta con sé. Paiono oggi di calzante attualità le parole che l’allora Primo ministro britannico David Cameron ha pronunciato nel 2011 in riferimento al rapporto tra la società inglese e il fenomeno migratorio: egli affermava che “nel Regno Unito alcuni giovani hanno difficoltà a riconoscersi nell’Islam tradizionale seguito dai loro genitori nei Paesi d’origine. Ma questi giovani hanno altrettante difficoltà a riconoscersi nella Gran Bretagna, perché noi stessi abbiamo permesso che si verificasse un indebolimento della nostra identità […]. È giunto il momento di voltare pagina e abbandonare le infruttuose politiche adottate finora. […] Invece di incoraggiare le diverse comunità a vivere separate le une dalle altre, dobbiamo creare un senso di identità nazionale comune che sia aperto a tutti”. Queste parole aprono uno squarcio sul dilemma che non solo la società inglese, ma tutte le società interessate dal fenomeno migratorio si trovano ad affrontare: creare un comune senso di appartenenza nazionale pur nella crescente disomogeneità del tessuto sociale. In questo contesto, la cittadinanza, concetto ab origine di natura inclusiva (in quanto lo status di cittadino è prerequisito di appartenenza alla comunità statuale) ed esclusiva (in quanto coloro che sono esclusi dal vincolo di cittadinanza rimangono stranieri) sembrerebbe perdere il suo carattere monolitico sotto i colpi di istanze multiculturali, internazionali e sovranazionali, determinate dall’emergere di istituzioni di regolazione sovranazionali e dalla diffusione di forme di tutela internazionale dei diritti umani. In particolare il modello della cittadinanza tradizionale, che garantiva una forte coesione interna fondata su comuni riferimenti valoriali, storici e religiosi, si trova a fronteggiare l’affermazione di nuovi modelli sociali fondati su sistemi valoriali e culturali anche molto distanti da quelli del paese ospitante, che conducono spesso ad una frammentazione sociale, alla perdita di una identità collettiva condivisa, e all’emergere di quella che è stata efficacemente definita come “horizontal society”. Non è un caso che il dibattito sulla definizione della cittadinanza sia estremamente acceso e veda opporsi le tesi di chi la considera un concetto ormai superato e svuotato di ogni effettività e utilità (anche alla luce della tendenza all’affermazione degli ordinamenti sovra-statuali), o addirittura la considera “l’ultimo relitto pre-moderno delle disuguaglianze personali in contrasto con la conclamata universalità dei diritti fondamentali”, e chi, invece, ritiene ancora vitale e imprescindibile la dimensione statuale, al cui interno si può trovare, primariamente,  la garanzia dell’effettività dei diritti individuali. E ancora, non è un caso che, per limitarci all’Europa, in tutti gli ordinamenti siano in atto processi di ridefinizione dei requisiti per l’acquisizione della cittadinanza, che denotano una certa convergenza verso il superamento della tradizionale dicotomia tra ius sanguinis e ius soli, in favore di nuove e diverse modulazioni e combinazioni di tali meccanismi di attribuzione della cittadinanza. A fronte delle sfide imposte dai massicci processi di migrazione e dalla necessità di integrazione, occorre, dunque chiedersi, oggi più di ieri, se il concetto di cittadinanza sia una categoria in declino e desueta, ormai priva di effettività, oppure se rimanga, pur nel mutato contesto, un paradigma irrinunciabile di coesione per gli Stati contemporanei di fronte alle sfide del momento presente. In altri termini, le sollecitazioni che provengono dal fenomeno migratorio interrogano la politica sull’attuale rilievo delle norme in materia di cittadinanza: esse sono strumenti adatti e necessari per rispondere alle esigenze di integrazione e inclusione degli stranieri, in particolare di quelli appartenenti a diverse culture e tradizioni, nel territorio nazionale? O si tratti di inutili formalismi privi di effettività e di concreta incidenza sulla vita dei singoli e sulla società? Dar risposta a tali questioni è, come osservato in letteratura, “la sfida più grande che oggi le democrazie si trovano a fronteggiare”. Il presente contributo, muovendo dall’occasione offerta dal recente dibattito italiano circa la riforma della legge in materia di cittadinanza, affronta il tema in ottica comparata, analizzando i percorsi di riforma avvenuti in quattro ordinamenti (Germania, Francia, Regno Unito e Svizzera) che hanno cercato di fronteggiare le sfide poste dai cambiamenti sociali in atto proprio ripensando alle categorie fondanti la comunità nazionale. L’analisi comparata mostra l’affermazione di un trend comune, che vede, da un lato, il contemperamento, secondo diverse modulazioni nei singoli ordinamenti, tanto di elementi di ius soli che di ius sanguinis (con l’effetto di allargare le maglie di accesso allo status di cittadino) e, dall’altro, un “irrigidimento” dei requisiti richiesti agli stranieri ai fini dell’ottenimento della cittadinanza, secondo quella che è stata definita una cittadinanza premiale, acquisita cioè al termine di un percorso “caratterizzato da una residenza giuridicamente regolare, ma anche, e soprattutto, qualificata”. Tale modello, nel quale da un lato si attenua la dicotomia tra ius sanguinis e ius soli e, dall’altro, si introducono elementi di valutazione ulteriori rispetto al mero dato temporale per la concessione della cittadinanza, viene definito, ai fini del presente lavoro, come “cittadinanza composita”. L’analisi comparata è tanto più preziosa quanto la si utilizzi come lente per guardare all’Italia, che si trova oggi, in un momento storico senza precedenti, ad affrontare la ridefinizione del proprio sistema di acquisizione della cittadinanza... (segue)



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