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NUMERO 20 - 25/10/2017

 Sul disegno di legge in materia elettorale

Ringrazio il Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato per avermi dato l'occasione di esprimere in questa sede la mia opinione sulla legge elettorale in discussione. Nella necessaria sintesi di questi interventi, presento alcune premesse di metodo e alcune conclusioni di merito.

 

I. Premesse di metodo.

  1. I sistemi elettorali sono sempre complicati. Quando trentacinque anni fa iniziai a studiare i sistemi elettorali, in Svezia si applicava - non so se ancora adesso - un metodo del divisore, denominato - dal nome del suo ideatore - St. Laigüe corretto, in quanto le cifre elettorali si dividevano, fino a completare l'individuazione delle liste a cui spettavano i seggi, per 1.4, 3, 5, 7, ecc. Ma certo non è semplice il sistema australiano di voto singolo trasferibile. O il sistema di voto adottato in Italia per il Senato fra il 1948 e il 1992. I sistemi elettorali che oggi ci sembrano semplici sono peraltro il frutto di continue modifiche storiche, come nel Regno Unito, o di continui interventi giurisdizionali, come in Germania. E se il sistema elettorale non è semplice, ne deriva che nessun sistema assicura l'immediata conoscenza del risultato del proprio voto, e nessun sistema assicura che non si verifichino mai fenomeni per cui il voto espresso non riesce a ricadere sul risultato nel modo previsto dall’elettore: nel sistema tedesco, reso totalmente proporzionale a seguito degli interventi del Tribunale costituzionale tedesco l'elettore che vota un partito che rimane al di sotto del 5% vede nullificata la sua manifestazione di voto; altrettanto succede per l’elettore spagnolo che esprime il suo voto a favore di un partito che raccoglie pochi voti nel suo collegio; o per l’elettore britannico che vota laburista in un collegio dove i vincono i conservatori. La questione è stata tradizionalmente risolta dai giudici costituzionali con l'argomento per cui non c'è un obbligo costituzionale di eguaglianza del voto in uscita, cioè per quanto attiene al peso del voto nella determinazione del risultato finale: altrimenti, come è facile capire, non sarebbe possibile nessun altro sistema se un sistema perfettamente proporzionale in cui i seggi vengono distribuiti sulla base di un unico collegio nazionale.
  2. La modifica dei sistemi elettorali non dà quasi mai i  risultati che si prefigge chi modifica - specie se all'ultimo momento utile (evento che le raccomandazioni internazionali vorrebbero evitare: ma si tratta di raccomandazioni che non integrano un parametro di costituzionalità) - la legge elettorale. E ciò per la semplice e banale ragione che tra sistema elettorale e sistema politico vi è sempre un rapporto circolare di reciproca influenza. Il sistema politico si (ri)modella sulla base della legge elettorale adottata, modificando l'offerta politica in un modo che a priori non è identificabile. Gli apprendisti stregoni che pensano di costruire sistemi elettorali che favoriscano questa o quell'altra soluzione politica quasi sempre ne escono scottati. Chi si lamenta oggi ben potrebbe beneficiare della legge criticata.
  3. Non tutte le critiche politiche possono e debbono diventare critiche di costituzionalità: si assiste troppo spesso a tentativi di forzare i parametri costituzionali o di adottare interpretazioni cervellotiche per giungere a costruire paradossali incostituzionalità. Tra le tante che si sentono dire quella seconda cui le liste bloccate violano l’art. 51 Cost., sulla parità di accesso alle cariche politiche: la stessa Corte costituzionale, nella nota sentenza 35 del 2017, ha dichiarato l’illegittimità delle liste bloccate, in quanto troppo lunghe, non già sotto altri profili. Purtroppo, la Corte costituzionale italiana - malamente imitando quella tedesca - ha aperto una strada pericolosissima di controllo di costituzionalità sulle leggi elettorali, che rischia di condurci in un vicolo cieco di continui ricorsi. La stessa Corte sta comunque dando qualche segnale di ripensamento: nella sentenza n. 35 del 2017 sono numerose le dichiarazioni di inammissibilità di questioni di legittimità costituzionale non chiaro nei loro presupposti ovvero basate su ipotesi teoriche o ancora prive di riscontri interpretativi solidi. Insomma, anche la Corte sta iniziando a “bacchettare” l’utilizzo un po' casuale e strumentale degli argomenti di incostituzionalità.... (segue) 



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