Con la loro fortunata Introduction to Comparative Law, Zweigert e Kötz hanno ripreso alcune teorie sociologiche e, applicandole al diritto comparato, hanno formulato la prima compiuta definizione scientifica del metodo funzionalista. Partendo dal presupposto durkheimiano secondo cui le norme possano essere comprese soltanto a partire dalla “funzione” svolta nella società, gli autori in questione affermano che soltanto quelle disposizioni che adempiono allo stesso compito sociale possono essere comparate. Tacito presupposto di questa prospettiva è l’idea per cui, di fronte ai medesimi bisogni, le società concettualizzano regole giuridiche che, a prescindere dalla diversa formulazione, producono effetti equiparabili.
Nonostante l’enorme successo di cui gode questa impostazione, non è mancato chi la ha contestata. Meritevoli di attenzione appaiono le critiche di quanti hanno evidenziato l’incommensurabilità dei diversi sistemi sociali e hanno pertanto denunciato la debolezza della presunzione di similitudine su cui si fonda il funzionalismo. Elemento comune agli autori che condividono questo approccio critico è la convinzione per cui non è vero che le società condividono gli stessi bisogni e quindi non si può sostenere che esse producono norme equiparabili in ragione della comune funzione sociale svolta.
A ben vedere, per l’enfasi che un simile approccio critico pone sulla necessità di contestualizzare storicamente il diritto, esso sembra cogliere nel segno. Tuttavia, una simile considerazione non pare escludere la possibilità che l’idea di funzione sociale alla base del paradigma funzionalista possa essere in qualche modo recuperata. Infatti, se è vero che non sempre le società pongono regole per fare fronte agli stessi bisogni, è altrettanto vero che, in specifiche situazioni, bisogna riconoscere che a problemi comuni sono state offerte soluzioni simili. Da questa semplice considerazione occorre desumere che, pur non potendosi sottoscrivere alcune affermazioni generaliste fatte dai funzionalisti, esistono margini per dare applicazione al tanto dibattuto metodo e diventa quindi necessario individuare concretamente tali spazi.
A tal proposito, diventano rilevanti le teorie del diritto pubblico comparato europeo. Più precisamente, sembra potersi sostenere che, all’interno dello spazio europeo, l’indiscutibile condivisione di una serie di valori genera una serie di bisogni comuni e, secondo il paradigma funzionalista, produce risposte normative equiparabili.
Se quanto appena affermato è vero occorre allora ammettere che il diritto pubblico comparato europeo ha una densità scientifica maggiore rispetto alle altre branche della comparazione giuspubblicistica. Infatti, il margine di applicazione del metodo funzionalista giustifica la possibilità che, anche in assenza di norme che alla stregua del diritto dell’Unione europea autorizzino la possibilità di ricorrere agli argomenti del diritto comparato, gli operatori giuridici che operano all’interno degli ordinamenti europei, una volta verificata l’esistenza di una funzione sociale comune, possano comunque utilizzare materiali giuridici provenienti da altri sistemi... (segue)
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