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NUMERO 24 - 20/12/2017

 A proposito di un recente libro sulla Brexit

L'uscita, in corso di esecuzione, del Regno Unito dall'Unione Europea, a seguito dell'esito del referendum del 26/6/2016, ha posto in discussione non soltanto il problema dei futuri rapporti economici e politici tra lo stesso Regno Unito con l'U.E., nonché con i singoli Stati che la compongono, ma anche quello del c.d. deficit democratico dell'Unione con riguardo al suo assetto istituzionale e alle soluzioni da adottare al fine di realizzare una maggiore ed effettiva partecipazione alla vita politica dell'Unione da parte dei popoli “sovrani” o eventualmente del “popolo” dell'Unione, sempre che sia configurabile un popolo unitario, come elemento essenziale della stessa. La recente monografia “La Brexit tra finanza e politica”, lavoro a quattro mani di Francesco Capriglione e Renato Ibrido, nell'affrontare le tematiche specifiche che scaturiscono dalla c.d. Brexit, la quale comunque, secondo gli Autori, non presenterebbe un bilancio così negativo e disastroso come ipotizzato  dai sostenitori del Remain, offre un quadro d'insieme, in una prospettiva geopolitica, dei complessi problemi che attualmente affliggono le Istituzioni comunitarie e gli Stati dell'Unione sul piano economico finanziario. A tal riguardo diventerebbe impellente l'esigenza di rinnovare gli assetti di governo dell'Unione per superare da un lato la dimensione burocratico – regolativa, che tuttora si accompagna al tradizionale  paradigma  intergovernativo, e dall'altro i particolarismi nazionali.  La critica rivolta dagli Autori al diritto primario dell'Unione è invero di avere adottato sinora soluzioni istituzionali inadeguate per risolvere le sfide poste dagli squilibri economico-finanziari causati dai noti eventi dell'ultimo decennio, nonché dalle esigenze umanitarie; queste in particolare dovrebbero imporre una solidarietà effettiva tra i popoli dell'Unione; la cui mancanza impedisce loro di compattarsi sul piano identitario, in modo da superare  le distanze culturali tra di essi ancora esistenti e così di condividere una logica di unificazione. La mancanza di una reale unità politica che, sulla scorta di Smend, va vista come un procedimento continuo (spirituale e patriottico) che conduce alla condivisione di valori e simboli, è ciò che, ad esempio, avrebbe portato al fallimento del progetto di una Costituzione documentale europea, facendo quindi mancare una “integrazione costituzionale” in senso proprio. Emblematico a tal proposito appare il riferimento agli esiti dei Referendum francese e olandese del 2005. Ciò non vorrebbe peraltro dire che manchi una “costituzione” dell'Unione; perchè allo stato essa è quella (composita) che risulta dai Trattati, dalla Carta dei diritti fondamentali (Trattato di Lisbona), nonché dai principi tradizionali delle Costituzioni statali; una sorta quindi di “costituzione multilivello”... (segue)



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