L’ambito tematico inciso profondamente dalla normativa della l.r. n. 19/2015, approvata dall’Assemblea siciliana, concerne la tutela delle acque e la gestione dei relativi servizi nel territorio della Regione. Un ambito delicato e complesso che involge la tutela del diritto fondamentale di ogni persona ad accedere e a godere, in condizioni di eguaglianza, delle risorse idriche disponibili. Si tratta di una normativa che, anche in considerazione dei precedenti interventi del legislatore, si caratterizza per un approccio globale ed innovativo alla regolazione della materia delle acque e del servizio idrico integrato, discostandosi notevolmente dagli indirizzi assunti in questo ambito dal legislatore statale, e che è stata approvata dall’Assemblea regionale, una volta venuto meno il controllo preventivo di legittimità, in assenza della consueta dialettica con il Commissario dello Stato. Dai principi ispiratori di questa disciplina si evince un modello di gestione volto a sottrarre il bene dell’acqua a qualsiasi meccanismo di mercato e a ogni finalità lucrativa, qualificando il servizio idrico come un servizio pubblico locale di interesse generale, sulla falsariga della terminologia europea dei SIG, e che tende a un chiaro favor per la gestione pubblica del servizio idrico, persino nella forma della gestione autonoma da parte di singoli enti locali, rispetto agli affidamenti a società miste o private, penalizzati, quest’ultimi, dalla previsione di clausole piuttosto onerose. La normativa regionale delinea all’art. 11, comma 1, un regime tariffario del servizio idrico volto ad assicurare «la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio ‘chi inquina paga’» (entrambi principi di derivazione europea). Un modello tariffario analogo a quello statale di cui all’art. 154, d.lgs. n. 152/2006, che denota, quindi, una chiara rilevanza economica del servizio idrico e, al contempo, è contraddetto da alcune previsioni della medesima legge regionale relative alla materia tariffaria che incidono sul recupero integrale dei costi complessivi del servizio idrico. La questione centrale trattata dalla legge regionale è quella di assicurare il godimento effettivo delle risorse idriche disponibili da parte della collettività in condizioni di eguaglianza, e l’acqua ha un costo, dovendo essere erogata in modo efficiente, continuo e a costi sostenibili. Si è anche osservato che se il carattere di “bene comune” dell’acqua connota il servizio pubblico della sua adduzione e della sua distribuzione, esso però è neutro rispetto all’alternativa tra una gestione del servizio idrico da parte di un ente pubblico ovvero da parte di un soggetto privato, perché si realizzi l’obiettivo della massima soddisfazione possibile delle aspettative dei consociati insieme con quello della massima economicità possibile del servizio stesso. Invero, proprio la disciplina delle forme di gestione del servizio idrico rappresenta il "capo delle tempeste" in cui sembrano confluire tutte le tensioni che attraversano il settore dei servizi pubblici locali e, in questo ambito, si sono manifestate le maggiori oscillazioni nelle scelte legislative, anche perché dopo il referendum abrogativo del 2011 il legislatore statale non è riuscito ad approntare una disciplina generale dei servizi pubblici locali a rilevanza economica. Nel sistema di governance multilivello che caratterizza il settore del servizio idrico, se la disciplina statale, modificata più volte e contenuta nella sezione III del d.lgs. n. 152/2006 (Norme in materia di ambiente), è incentrata sul profilo quasi assorbente della tutela della concorrenza e del mercato, la normativa europea, invece, non detta regole riguardo alla gestione dei servizi pubblici locali, ma pone solo delle norme sui casi di affidamenti esterni. Lo stesso diritto europeo, attraverso direttive riguardanti settori che interferiscono con la disciplina interna, è divenuto più pervasivo e tecnico, e il campo della tecnica è, per definizione, «sovranazionale». Si pensi, proprio in tema di forme di gestione del servizio idrico, alla direttiva 2014/25/UE sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali (attuata con il d.lgs. del 18 aprile 2016, n. 50), che contiene la prima disciplina europea sull’affidamento in house, codificando i principi della giurisprudenza della Corte di giustizia, e che ha consentito il suo «pieno sdoganamento» nell'ordinamento italiano, dopo che già l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis, d.l. n. 112/2008, aveva fatto venir meno la diffidenza riguardo all’affidamento diretto del servizio idrico integrato… (segue)
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