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NUMERO 13 - 20/06/2018

 I pericoli derivanti da uno svuotamento dell'art. 67 Cost. unito ad un 'irrigidimento' dell’art. 49 Cost.

La vicenda della disposizione contenuta nello Statuto del Gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati, approvato il 27 marzo 2018, che prevede una sanzione applicabile ai deputati nel caso di espulsione o abbandono volontario del Gruppo per dissenso politico pone numerose questioni di rilievo costituzionale senz’altro riconducibili agli attuali nodi problematici della rappresentanza politica e al modello di democrazia rappresentativa delineato dalla Costituzione italiana. Un primo elemento da tenere in considerazione riguarda il fatto che la disposizione statutaria si pone in continuità con la direzione intrapresa da tempo da parte del MoVimento 5 Stelle ed indirizzata nel senso di una radicale critica nei confronti del principio del divieto di mandato imperativo tutelato dall’art. 67 Cost. in base al quale ogni parlamentare è libero di esercitare le sue funzioni senza vincolo di mandato. Principio del libero mandato parlamentare che, come noto, è peraltro tutelato dalle principali costituzioni europee e che il M5S auspica da tempo di superare proponendo riforme costituzionali finalizzate ad introdurre il vincolo di mandato. Opzione, quest’ultima, pienamente confermata dal c.d. “contratto di governo” recentemente sottoscritto da M5S e Lega nel tentativo di dar vita ad un Governo sostenuto in Parlamento dalle due forze politiche. L’origine di questo percorso che ha portato il M5S ad introdurre nello statuto del Gruppo parlamentare vincoli all’esercizio del libero mandato può essere ricollegata alla precedente adozione da parte del movimento dei c.d. codici etici e di comportamento che contengono un insieme di regole di condotta indirizzate agli iscritti, ai candidati e agli eletti alle cariche interne e alle cariche istituzionali. Regole che, generalmente, trovano il loro fondamento nelle disposizioni statutarie dei partiti politici e che associano al loro mancato rispetto l’adozione di sanzioni da parte degli appositi organi interni (generalmente i collegi dei probiviri). L’utilizzo crescente dei codici etici da parte di partiti e movimenti politici registratosi negli ultimi anni (in particolare Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle) può essere letto come un tentativo di risposta alla sfiducia nei confronti della politica da parte della società civile legata alla crisi della tradizionale rappresentanza politica e al dilagare dei fenomeni di corruzione. Sotto questo profilo, la funzione del codice etico appare legata alla necessità di garantire che gli attori politici del partito che lo adotta agiscano nel rispetto dei doveri di disciplina ed onore prescritti dall’art. 54 della Costituzione e di individuare quei comportamenti che generino discredito per il partito e siano ritenuti riprovevoli dal punto di vista dell’etica politica e morale del partito stesso. Si tratta, dunque, di un insieme di regole di condotta interne che richiedono agli iscritti di assumere comportamenti conformi ai valori portanti del partito di appartenenza, alla luce della declinazione che da esso viene data al concetto di etica politica. L’adozione di codici etici e codici di comportamento interni rientra tra le libere scelte dei partiti nell’ambito della loro autonomia organizzativa tutelata dagli artt. 49 e 18 Cost. Si tratta di disposizioni che possono avere ricadute sull’accesso all’elettorato passivo e sull’esercizio degli incarichi elettivi e di governo. Ma che non possono in nessun caso porsi in contrasto con la Costituzione. I partiti sono dunque legittimati a limitare l’azione politica dei propri iscritti in relazione alla loro candidabilità e a richiedere agli eletti determinati comportamenti nell’esercizio delle proprie funzioni. Quel che non possono fare è introdurre, in generale, limiti costituzionalmente illegittimi e, in particolare, standard di condotta che limitino l’esercizio del libero mandato di cui all’art. 67 Cost. o che siano l’espressione di un’organizzazione interna del partito non democratica e verticistica in contrasto con lo “spirito” dell’art. 49 Cost. Sotto questo profilo, i codici di comportamento del MoVimento 5 Stelle indirizzati negli ultimi anni ai propri eletti sollevano diverse questioni problematiche… (segue)



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