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NUMERO 13 - 20/06/2018

 Disciplina di gruppo e tutela del parlamentare dissenziente

L’odierno contributo scaturisce dall’iniziativa dell’On. Riccardo Magi (membro della corrente “+Europa-Centro democratico” del Gruppo Misto) di inviare il 9 aprile u.s. una lettera al Presidente della Camera dei Deputati, On. Roberto Fico, al fine di conoscere quali iniziative quest’ultimo intendesse adottare con riferimento alla statuto del gruppo parlamentare del “Movimento 5 stelle” (al quale lo stesso Presidente dell’Assemblea, peraltro, aveva aderito sin dall’avvio della legislatura), trasmessogli, per la pubblicazione sul sito Internet della Assemblea, entro 5 giorni dalla sua approvazione, ai sensi di quanto dispone l’art. 15, comma 2bis del Regolamento. In particolare, nella missiva si censurava la previsione contenuta all’art. 21 comma 5 del richiamato statuto (di cui si aveva notizia attraverso gli organi di stampa, nelle more dell’effettiva pubblicazione), in base al quale “il deputato che abbandona il gruppo parlamentare a causa di espulsione ovvero abbandono volontario ovvero dimissioni determinate da dissenso politico sarà obbligato a pagare, a titolo di penale, al Movimento 5 stelle, entro dieci giorni dalla data di accadimento di uno dei fatti sopra indicati, la somma di euro 100.000,00”. Il timore espresso dallo scrivente, in estrema sintesi, riguardava la circostanza che tale disposizione si ponesse in palese contrasto con l’art. 67 della Costituzione, nel punto in cui sancisce la libertà del mandato parlamentare, ritenuto principio fondamentale del vigente sistema di democrazia rappresentativa. Da qui la sollecitazione rivolta al Presidente dell’Assemblea di intervenire con i provvedimenti ritenuti più opportuni a garantire l’istituzione nel suo complesso, oltre che la posizione e le prerogative dei singoli deputati, quali previste dalla Costituzione e dal Regolamento parlamentare. Di tenore sostanzialmente analogo era, poi, altra missiva, rivolta al medesimo destinatario due giorni dopo dall’On. Stefano Ceccanti (deputato iscritto al gruppo PD), il quale, peraltro, avrebbe di lì a poco richiamato in parte il contenuto delle questioni sollevate per iscritto anche nel corso di una successiva seduta della Camera. A tali sollecitazioni il Presidente dell’Assemblea rispondeva, a distanza di alcuni giorni, con la precisazione che l’invio dello statuto dei gruppi è stato previsto, nella riforma regolamentare del 2012, soltanto a fini di trasparenza e di pubblicità, in connessione agli obblighi di rendicontazione adesso gravanti sui gruppi in relazione alle contribuzioni finanziarie di cui questi sono destinatari, ma che nessun potere di controllo sulle manifestazioni di autonomia normativa degli stessi gruppi fosse stato introdotto con le accennate modifiche del Regolamento generale della Camera. Tantomeno un tale potere sarebbe deducibile dall’art. 8 del medesimo Regolamento, che, nell’enunciare i compiti del Presidente dell’Assemblea, include, come noto, quello di farne osservare le disposizioni, ma che, tuttavia, non comprenderebbe il sollecitato intervento sugli statuti dei gruppi parlamentari, come risulterebbe confermato anche dalla recente prassi parlamentare. In conclusione, pertanto, il Presidente della Camera si dichiarava privo di un potere di riscontro della conformità degli statuti dei gruppi alla normativa regolamentare e/o, persino, a quella costituzionale, nella (invocata) perdurante assenza di specifiche previsioni dei regolamenti camerali, che di tale potere disciplinino esercizio, limiti ed effetti sul piano dell’ordinamento parlamentare. La risposta – come prevedibile – non lasciava soddisfatti i firmatari delle citate missive, che anticipavano al proposito nuove iniziative, sollecitando anche il contributo della dottrina… (segue)



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