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E’ in fase di attuazione la riforma del Terzo settore, con l’emanazione, sulla base della legge delega 106 del 2016, del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 c.d. Codice del Terzo settore, volto ad unificare e razionalizzare la disciplina del complesso mondo del non profit, caratterizzato per l’innanzi dalla coesistenza di diverse leggi speciali, ciascuna riguardante singole figure di enti. La riforma ha inteso razionalizzare le discipline composite introducendo la comprensiva figura dell’Ente del Terzo settore, che individua i caratteri comuni alle diverse figure degli enti di privilegio, che sono mantenute, senza eliminarne le peculiarità, dato che si sono rivelate rispondenti alle esigenze sociali del settore. Il legislatore, delineata la disciplina comune agli enti del Terzo settore, detta la normativa aggiuntiva di alcuni tipi di enti, le associazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, i c.d. Enti filantropici, le reti associative, le società di mutuo soccorso e le imprese sociali. Il legislatore delegato ha tuttavia rinunziato alla revisione del codice civile. Intendiamo esaminare brevemente come la riforma ha delineato il complessivo intervento pubblico nel governo del Terzo settore, per soffermarci, in particolare, sulla disciplina della Fondazione Italia Sociale, (il cui statuto è stato emanato con dPR 28 luglio 2017) che pone un nuovo soggetto che riveste, come vedremo, un ruolo particolarmente importante nello sviluppo e nella promozione del Terzo settore, quello di polmone finanziario del settore stesso. Per questo inquadreremo, in modo sintetico, l’esame della Fondazione Italia Sociale, che costituisce una fattispecie peculiare di fondazione legale, nel complessivo assetto organizzativo e di raccordo pubblicistico del Terzo settore Tale Fondazione, come vedremo, seppure abbia, secondo le indicazioni normative, personalità giuridica di diritto privato, regolamenta assetti di interesse pubblico. Non pare, tuttavia, che gli interventi normativi, con la creazione di organismi partecipati dal pubblico che coinvolgono i soggetti del Terzo settore, abbiano la consistenza di una funzionalizzazione del loro operato; sembra, invece, che la disciplina, pubblicistica degli strumenti di raccordo e controllo mantenga l’integrità della gestione privatistica del Terzo settore: viene infatti sottolineato come tali enti debbano essere caratterizzati da autonomia e spontaneità. Si può dire sin da subito che tali organizzazioni mantengono la loro autonomia privata e che il sistema di controllo pubblico è volto solamente a tutelare l’affidamento dei privati e pubblici contributori. L’intervento pubblico, per ciò che riguarda la vigilanza e l’impulso delle iniziative del Terzo settore, si spiega con la presenza di un regime di privilegio, anche fiscale, riconosciuto agli enti che rientrano in quest’ambito, a fronte della innegabile partecipazione al perseguimento ed alla tutela di interessi sociali. La complessiva disciplina pubblicistica di governo del Terzo settore appare, come vedremo, piuttosto articolata e sembra da chiedersi se non costituisca una soluzione che irrigidisce in maniera eccessiva l’assetto del settore e, in particolare, se la previsione della Fondazione Italia Sociale come collettore dei contributi privati al Terzo settore non costituisca un elemento di appesantimento dell’attività degli enti… (segue)
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