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NUMERO 15 - 18/07/2018

 L'Autorità garante della concorrenza e del mercato come 'giudice a quo' nei giudizi di costituzionalità

L’ordinanza n. 1 del 3 maggio 2018 con la quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato si è autoqualificata come “giudice a quo” legittimato a sollevare innanzi alla Corte Costituzionale questioni di costituzionalità in via incidentale ha già suscitato vari commenti, per lo più critici.  Aperture in questa direzione erano state ipotizzate dalla stessa Autorità, all’epoca della presidenza di Giuliano Amato, anche se di recente il tema non sembrava più al centro del dibattito. Pertanto, l’ordinanza n. 1 ha colto di sorpresa molti osservatori suscitando appunto reazioni non favorevoli. In effetti, soprattutto dopo che l’art. 21-bis della legge n. 287 del 1990, introdotto dall’art. 35 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha attribuito all’Autorità la legittimazione a impugnare innanzi al giudice amministrativo provvedimenti amministrativi lesivi delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, può sembrare contraddittorio riconoscere ad un tempo al medesimo soggetto il ruolo di parte anche attiva in un giudizio (davanti a un giudice “vero”) e di “giudice a quo” nell’ambito di un procedimento avente natura formalmente amministrativa, anche se caratterizzato da garanzie rafforzate rispetto a quelle generali previste dalla legge n. 241 del 1990. Inoltre la tesi dottrinale relativa alla natura “paragiurisdizionale” dell’Autorità e delle sue funzioni, specie se intesa a escludere che gli atti emanati non possano essere qualificati come aventi natura formalmente amministrativa, non è stata avallata dalla giurisprudenza in particolare della Suprema Corte di Cassazione.  Secondo quest’ultima l’ordinamento non conosce “un tertium genus tra amministrazione e giurisdizione”. Lo stesso diritto al contraddittorio e alla difesa per le parti private nei procedimenti antitrust non implica “il contestuale riconoscimento della natura paragiurisdizionale dell’organo alla cui competenza quei procedimenti sono attribuiti”.    La stessa proposta de jure condendo di sottoporre gli atti dell’Autorità a un giudizio in unico grado innanzi al Consiglio di Stato, in base all’assimilazione del procedimento innanzi all’Autorità a un primo grado di giudizio, non è stata più riproposta in epoca recente. Anche la distinzione operata inizialmente dal giudice amministrativo tra “sindacato forte” e “sindacato debole”, è ormai da tempo abbandonata. Il discorso dunque potrebbe chiudersi qui… (segue)



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