Lo studio del principio di precauzione ha catalizzato l’attenzione della dottrina giuridica per molti anni. Nonostante la ricchezza dei contributi a disposizione, allo stato attuale il principio di precauzione non ha ancora acquisito uno status generalmente riconosciuto e permangono alcune incertezze sui rispettivi contenuti e sugli effetti che il ricorso ad esso potrebbe determinare. Nel diritto dell’Unione europea, ciò vale tanto più a fronte della progressiva espansione di tale principio al di fuori del suo ambito originario, vale a dire la politica ambientale. Ne consegue, tuttavia, che almeno in linea teorica divengono più frequenti le ipotesi in cui le autorità competenti possono/devono attivarsi anche in assenza di prove scientifiche decisive sulla realtà del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi che da esso potrebbero discendere. Parallelamente, questo andamento porta inevitabilmente il legislatore e il giudice a confrontarsi più spesso con questioni tecniche suscettibili di incidere sulla salute umana, imponendo riflessioni sempre più attente sul rapporto tra diritto e scienza. Ebbene, tra i nuovi campi di applicazione del principio di precauzione, spicca la sicurezza alimentare, settore strettamente correlato alle dinamiche ambiente-salute che trova nel regolamento 178/2002/CE i principi e i requisiti di base. Scendendo ancora più in profondità, si può osservare che il principio di precauzione nel quadro della legislazione alimentare UE ha plasmato la disciplina degli organismi geneticamente modificati, detti “OGM”: esempi al riguardo sono contenuti nella direttiva 2001/18/CE e nel regolamento 1829/2003/CE. Con il passare del tempo, comunque, si è iniziata ad avvertire un’esigenza diffusa di maggiore flessibilità e sussidiarietà in relazione alla regolamentazione degli OGM. Questo vale in particolare per la loro coltivazione, prima ancora che per l’immissione in commercio, come dimostra l’adozione della direttiva 2015/412/UE: si ritiene che la coltivazione degli OGM sia una questione affrontata in modo più approfondito dagli Stati membri che dall’Unione ed è pacifico che la tendenza degli ordinamenti nazionali è di limitare drasticamente la messa a coltura di questi organismi. Ora, le restrizioni alla coltivazione di OGM ben potrebbero dipendere dal ricorso al principio di precauzione ad opera degli Stati membri, come accaduto nella vicenda che ha dato origine al caso Fidenato; per altro verso, invocare il principio di precauzione a livello nazionale anche in presenza di norme UE che autorizzano certi OGM (al momento pochi, in realtà) potrebbe dare luogo a cortocircuiti in sede di attuazione del diritto dell’Unione. Di conseguenza, la sentenza Fidenato non si distingue soltanto per il rilievo mediatico che ha avuto, ma è di interesse giuridico, perché concorre a chiarire il grado di incidenza che il principio di precauzione può esercitare (o meno) sui rapporti tra ordinamento UE e ordinamenti nazionali in materia di sicurezza alimentare applicata agli OGM, specie alla luce dell’evoluzione della normativa sovranazionale di settore… (segue)
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