
L’Europa di oggi sta vivendo una serie di tensioni che rischiano di minarla dalle radici, mettendone in discussione la sua stessa esistenza. Fenomeni quali la crisi economica, da cui ci si è appena distanziati, la rinascita dei nazionalismi, la lontananza percepita tra le istituzioni europee (gli “eurocrati”) e i cittadini, le riforme dei Trattati, gli egoismi nazionali, i populismi: tutto sembra concorrere a rendere l’odierna faccia dell’Europa particolarmente corrucciata. La prospettiva storica, in questo contesto, può essere utile solo se serve a riscoprire le radici comuni dell’Europa, quelle che ne hanno determinato la nascita, e a guardare con sufficiente distacco il presente, nella sua estrema complessità. E’ con questo spirito che ci si può accingere a svolgere il tema di questo scritto, in cui si prendono in considerazione sia il momento costituente italiano sia quello europeo. E, invero, l’età delle Costituzioni e i primi passi dell’integrazione europea sono ricchi di suggestioni poiché le grandi sfide di oggi erano già presenti, in nuce, agli albori di questa nostra epoca e hanno trovato in quegli anni prime e pur parziali risposte. Il merito va sicuramente ascritto ai grandi protagonisti del tempo che avevano davanti ai loro occhi problemi analoghi ai nostri: comprendere che cosa significasse “uniti nella diversità”,ripensare al dogma della sovranità contemperandola con la valorizzazione delle identità e delle tradizioni nazionali, impostare un processo di integrazione su forti basi valoriali ma improntato al realismo e alla pazienza di chi sa guardare lontano, ben oltre i propri interessi immediati. Le risposte di allora non possono ovviamente essere le risposte di oggi ma possono offrire spunti di riflessione. Anche oggi, come allora, c’è bisogno di riscoprire il senso della interdipendenza tra le Nazioni e le relative forme, come prefigurato da Struzo e da Calamandrei, tendendo presente che, nel mondo sempre più globalizzato, la difesa delle istanze nazionalistiche può essere funzionale al consenso elettorale, ma non è spendibile all’interno del sistema giuridico mondiale che sempre più interconnette gli interessi particolari degli Stati agli interessi della comunità internazionale e dei complessi regimi ultrastatali. Occorre, poi, riscoprire il fondamento politico/ideale dell’integrazione Europea, che nel corso della storia ha finito con il confondersi con l’integrazione economica in una sorta di eterogenesi dei fini, secondo cui il mezzo economico scelto per raggiungere l’unità europea ha messo in ombra l’iniziale scopo, che era – innanzitutto – politico. E, così come agli albori dell’Unione si progettarono nuove forme istituzionali che gradualmente avrebbero dato i loro frutti, anche oggi è urgente riconfigurare gli strumenti del federalizing process per renderlo conforme a quello “speciale” federalismo europeo di cui tanto ci ha parlato Giovanni Bognetti e che deve comporre la tendenza alla centralizzazione con il nuovo principio costituzionale europeo della sussidiarietà. Analogamente, occorre affrontare il tema del rapporto tra politica e moneta, tema caro a Luigi Einaudi il quale, da par suo, non ha mai pensato di anteporre la prima alla seconda e ha sempre ricordato come il passaggio all’Unione politica non poteva essere il prodotto automatico di aggregazioni parziali di funzioni, pur incrementali… (segue)
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