L’ampiezza dell’area tematica evocata dal titolo del mio intervento impone una preliminare delimitazione dell’oggetto d’indagine. Una prima questione attiene allo stesso termine “regionalismo” che, com’è noto, denota un tipo di decentramento istituzionale meno forte di quello che si usa, invece, designare con l’espressione “federalismo”. Più in generale, se con quest’ultimo vocabolo si denota sia la teoria dello Stato federale sia una «visione globale della società», una corrente di pensiero secondo cui l’organizzazione federalistica degli Stati costituirebbe, come ha scritto Bognetti, una «esigenza essenziale per la realizzazione del buon governo di tutte le società complesse nonché addirittura l’unica soluzione finale valida del problema della pacifica convivenza sulla terra dei vari popoli ordinati in Stati distinti», l’espressione “regionalismo” si presta ad una speculare declinazione. Con essa, infatti, oltre a indicarsi, nella dimensione sovranazionale, unioni tra Stati affini sul piano economico, politico e culturale, da un lato, si designa la teoria di un particolare tipo di Stato; dall’altro lato, ancora una volta una corrente di pensiero, il cui sviluppo ha preceduto la formazione di quegli ordinamenti giuridici denominati appunto «Stati regionali». Se si guarda specificamente alle forme giuridiche di articolazione territoriale del potere, si può notare, innanzitutto, come non vi sia concordia tra gli studiosi sul ruolo da riconoscere all’elemento territoriale: alcuni, infatti, collocano il tema del decentramento politico (federale o regionale) nella trattazione delle «forme di Stato», eventualmente anche distinguendo tra «forme politiche» e «forme giuridiche» di Stato e svolgendo lo studio del decentramento nella trattazione di queste ultime; altri in quella delle «forme di governo»; altri ancora impiegano l’autonoma categoria dei «tipi di Stato». In ogni caso, qualunque sia il contesto teorico entro il quale si svolga lo studio del rapporto tra potere e territorio, le classificazioni impiegate – come quella che distingue tra «Stato unitario accentrato», «Stato federale», «Stato regionale» e «Stato decentrato» e altre simili – sono sempre il frutto di generalizzazioni di elementi tratti induttivamente dall’osservazione di esperienze reali. I modelli così ricostruiti, pur derivando dalla descrizione dei connotati effettivi degli ordinamenti oggetto d’esame, tendono ad assumere una connotazione prescrittiva, dogmatica appunto, orientando (o pretendendo di orientare), nei discorsi di chi ne fa uso, i processi di produzione o d’interpretazione del diritto. D’altro canto, gli ordinamenti ai quali si fa riferimento costituiscono realtà in continua trasformazione e non poche difficoltà s’incontrano nell’applicare, con risultati dotati di un minimo di attendibilità, la tradizionale modellistica alle esperienze reali, considerato oltretutto che le riforme e i mutamenti di paradigmi nell’interpretazione del diritto non sempre seguono le classificazioni tradizionali. E così elementi propri degli Stati federali si rinvengono anche in ordinamenti pacificamente qualificati come Stati regionali e, viceversa, istituti tipici del federalismo a volte non si ritrovano in sistemi tradizionalmente intesi come federali. Anche una sommaria comparazione dimostra, pertanto, come i confini tra i modelli considerati siano «notevolmente labili». Sulla base di tale considerazione e, altresì, in ragione del fatto che ordinamenti federali e regionali, oltre ad assumere forme simili, pongono molti problemi analoghi (sia sul piano della forma di Stato sia su quello della forma di governo), in diversi studi sulle forme di articolazione territoriale del potere si è proposto di superare o quantomeno di ridurre ad una differenza di mero ordine quantitativo la distinzione tra Stato federale e Stato regionale, riconducendo tali esperienze a diverse species del più ampio genus dello «Stato composto» o dello «Stato autonomico». È questa, in particolare, la prospettiva accolta dalla teoria dinamica del federalismo, che ha costruito i propri modelli di analisi intorno al paradigma del federalizing process. Secondo Friedrich, com’è noto, il federalismo si sostanzierebbe in un processo dal duplice, possibile andamento, centripeto o centrifugo, poiché, accanto a casi in cui comunità politiche distinte si sarebbero aggregate (e continuerebbero ad aggregarsi) in più ampie organizzazioni istituzionali per raggiungere soluzioni e adottare politiche comuni, si riscontrerebbero ipotesi nelle quali, in senso inverso, comunità politiche unite si sarebbero differenziate (e continuerebbero a differenziarsi) in organizzazioni di tipo federale… (segue)
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