
Quando si parla di Costituzione economica europea una considerazione preliminare, ancorché banale, si impone: “economica” è stato per decenni un aggettivo chiave al fine della qualificazione della cooperazione istituita con la Comunità – appunto - economica europea nel 1957, il termine “economia” è stato l’architrave di quella cooperazione. Esso descrive e circoscrive il fondamento della legittimazione dell’attività delle istituzioni europee, delle regole che nel corso degli anni si sono volte a disciplinare anche politiche ulteriori, di accompagnamento e di sostegno, fino alla tutela delle persone, ben al di là della loro qualificazione quali soggetti economici. Non si deve dimenticare che le norme che oggi garantiscono la libera circolazione delle persone sono nate come norme sulla circolazione dei lavoratori e hanno visto ampliare il loro campo di applicazione ai pensionati e agli studenti, fino a garantire la libertà di circolazione di tutti i cittadini europei, e non solo. Rileggevo recentemente un bell’articolo di Tommaso Padoa Schioppa, intitolato proprio “La Costituzione economica europea”, comparso su “Il Federalista” nel 2002 quale relazione a un convegno sulla Costituzione per l’Europa, quel tentativo di revisione di alcuni aspetti delle istituzioni dell’Unione e delle Comunità naufragato circa 15 anni fa, che ha visto tra i suoi protagonisti anche Giuliano Amato in veste di vicepresidente della Convenzione europea. Padoa Schioppa individuava quattro politiche rilevanti, con quattro livelli di governo: le politiche della moneta e del mercato, di livello europeo; la politica del lavoro, di livello nazionale; la politica di bilancio, di livello nazionale ma con regole primarie europee. Egli considerava ormai compiuto il processo costituente europeo nel settore dell’economia, e riteneva che il risultato fosse da un lato certamente positivo, in quanto originale, ma che la Costituzione europea che veniva proposta fosse dall’altro lato poco concentrata, meno centralizzata di quanto avviene negli Stati federali a causa della mancanza di una politica comune di bilancio sulle scelte fondamentali. In prospettiva, affermava che essa potesse avere una valenza positiva più ampia ove fosse stata concepita e percepita come parte fondamentale e fondante di un’unione politica degli Stati europei. Molta acqua è passata sotti ponti da allora, e se la mancanza di una politica comune di bilancio ha influito non positivamente sullo sviluppo dell’area euro, è stata soprattutto la crisi del 2008 a mostrare che il processo costituente nel settore dell’economia non era compiuto, o comunque necessitava di un rafforzamento. Gli ultimi dieci anni hanno visto uno sviluppo esponenziale della normazione europea nel settore della politica monetaria e la costituzione di istituzioni, organi e autorità che compongono un quadro certamente complesso… (segue)
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