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NUMERO 18 - 26/09/2018

 L'efficienza della decisione amministrativa

Con il presente scritto s’intende offrire un contributo sulle recenti riforme che hanno interessato la pubblica amministrazione italiana e che hanno modificato alcuni istituti del diritto positivo al fine di rendere più efficiente il procedimento amministrativo. Come si può evincere anche dal titolo, filo conduttore dell’analisi giuridica sarà la decisione amministrativa, la quale, ponendosi ipoteticamente su di un piano privilegiato rispetto agli altri atti che vengono compiuti dall’amministrazione nel procedimento, si presta meglio ad essere osservata per valutare gli esiti cui pervengono le recenti norme di riforma. Per questa ragione, peraltro, l’analisi sarà riferita ai profili procedurali del diritto amministrativo e non anche ai profili organizzativi, proprio in virtù del fatto che si è scelto di condurre la trattazione attraverso l’argomento della decisione amministrativa. Come si può appurare dalla realtà normativa, nelle recenti riforme del procedimento amministrativo il connubio tra semplificazione ed efficienza è divenuto sempre più stringente tanto da far sfumare, senza soluzione di continuità, l’una proposizione nell’altra: per essere efficiente il procedimento amministrativo va semplificato; al contempo anche la semplificazione dev’essere efficiente per rendere effettivamente meno complesso il procedimento. In questa prospettiva il disegno di semplificazione finisce per non concedere né spazio né tempo alle decisioni dell’amministrazione, le quali, invece, come ogni atto di determinazione, richiedono tempi e spazi lunghi al fine di poter considerare opportunamente una specifica realtà, uno specifico interesse. Accade così che nel procedimento amministrativo convivano più fattori. All’esigenza di «provvedere tempestivamente», posta alla base dei principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, si contrappongono le necessità di rendere evidenti le ragioni dell’azione, di consentire agli interessati di fornire il proprio apporto collaborativo e, più in generale, di configurare la decisione amministrativa come il momento riassuntivo di un’istruttoria completa e articolata. L’amministrazione, entro il contesto procedimentale, viene chiamata a ponderare e valutare, al fine di esternare la volontà finale, che è il frutto di tali valutazioni e di tali ponderazioni, così da permettere una scelta fondata su un ricco quadro di riferimento, magari basata e conclusa con l’accordo tra le parti, amministrazione e cittadino. D’altra parte, la decisione, riassumendo in un unico atto l’intera vicenda procedimentale, rappresenta pur sempre il momento più critico dell’attività amministrativa. Per questa ragione ogni decisione dovrebbe in linea di massima comporre, più che scomporre, ciò che nel procedimento amministrativo si presenta come articolato, come di non facile soluzione, come complesso. La decisione amministrativa, osservata da questa angolazione, non può essere vista unicamente come un ‘risultato’ di natura meramente economica che la semplificazione deve realizzare per soddisfare gli scopi efficientistici del mercato. Non è difficile dimostrare che la decisione amministrativa, come ogni decisione, è un procedimento non semplice, che richiede tempo e spazio, sicché decidere può voler significare dare tempo e spazio anche alla complessità, facendo entrare nell’atto finale tutte le possibili componenti del procedimento, sia che queste siano rappresentate da interessi economici degli attori del mercato, sia che queste siano rappresentate da semplici bisogni delle singole persone o della collettività. In altre parole, la complessità dell’agire amministrativo potrebbe stridere con le prerogative di celerità, di sommarietà e, dunque, di efficienza che la società odierna richiede alle decisioni della pubblica amministrazione, le quali, invece, dovrebbero essere dettagliate, ponderate, giuste.È bene precisare sin d’ora, onde spazzare via ogni dubbio al riguardo, che dal punto di vista metodologico nel corso della trattazione si userà il termine decisione unicamente allo scopo di indicare la manifestazione della volontà finale dell’amministrazione in seno al procedimento. Per questo motivo, non si farà un uso del termine per alludere ad una particolare categoria di atti dell’amministrazione, né, per ciò solo, si identificherà il termine con la categoria generale dei provvedimenti amministrativi. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, in fondo allo scritto, si proverà ad adoperare – non senza una forzatura semantica – il termine “non-decisione” per denotare tutti quei casi nei quali l’amministrazione, o perché non ne è tenuta o perché non adotta l’atto finale nei termini di legge o regolamento, manifesta la sua volontà finale non emanando alcun provvedimento… (segue)



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