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NUMERO 20 - 24/10/2018

 I mutamenti costituzionali derivanti dall'integrazione europea

Quello dei mutamenti costituzionali negli stati dell’Unione europea è un problema proprio dell’integrazione sovranazionale, i cui contorni dipendono dalla natura specificamente ermafrodita [Amato 2007, 173] o, schmittianamente, indecisa del processo di unificazione europea. Di tutti i mutamenti costituzionali che possono verificarsi nella vita di un ordinamento giuridico o di uno stato, quelli derivanti dalla partecipazione al processo d’integrazione europea sono i più rilevanti, perché in progress finiscono per incidere sull’unità politica statale. È proprio questo il punto: l’identità costituzionale rappresenta un limite invalicabile all’integrazione o un confine che può e che, a certe condizioni e con determinate forme, deve essere superato nel processo di edificazione dell’Europa unita? In questo dilemma, in fondo, sta il dramma che attraversa il più rilevante progetto politico messo in piedi nel vecchio continente per superare l’esperienza e i limiti dello stato moderno. In questo scritto analizzerò i mutamenti costituzionali determinati dall’integrazione sovranazionale, mettendo in risalto la specificità e l’unicità di questa situazione, nell’ambito della problematica generale delle modifiche tacite della costituzione, e in comparazione con altri processi, come il federalismo, che con l’european process hanno punti di sovrapposizione significativi. In secondo luogo, cercherò di rispondere al quesito posto in apertura, sul rapporto tra identità europea e identità costituzionale, indicando alcuni motivi che, per conseguenza, possono essere portati per spiegare lo stallo in cui versa la costruzione dell’Europa. L’ordinamento europeo, nonostante possegga i tratti essenziali di una costituzione, almeno per come disegnata nell’art. 16 della Déclaration del 1789, in un aspetto decisivo si presenta particolare e, perciò, non assimilabile all’ordinamento di uno stato. Il diritto europeo, infatti, ha determinato i valori fondamentali e le istituzioni dell’Unione, ma non l’organizzazione e i valori degli stati membri. L’ordinamento costituzionale europeo, però, presuppone gli ordinamenti degli stati membri: li riconosce come sovrani (nelle parti non devolute), ne rispetta l’identità nazionale (espressione comprensiva dei valori e delle istituzioni statali essenziali). La riflessione scientifica, a parer mio, non ha ancora raggiunto risultati soddisfacenti sulla natura di quest’ordine giuridico complesso. L’aspetto decisivo è proprio il fatto che, a differenza della formazione di un ordine costituzionale statale, nell’Unione europea l’ordo ordinans è un prius rispetto all’ordo ordinatus. Non sembra una novità: si può dire, infatti, che sempre un ordine giuridico presuppone un fiat che lo determini. Nell’ordinamento europeo, però, è in corso di svolgimento un lungo e ininterrotto processo costituente che non ha ancora raggiunto un ordine definitivo. O, almeno, le tappe di questo processo, segnate dai trattati di volta in volta adottati, sono soltanto risultati parziali e provvisori nella direzione di quell’Europa «sempre più stretta» cui fanno riferimento i testi fondanti (art. 1 TUE; preambolo del TUFE). Nello stato, del resto, dopo la costituzione, l’ordo ordinans vede ridotta la sua potenza, perché si confonde – riducendosi ad essa – con l’attuazione costituzionale, un processo derivato di svolgimento e sviluppo dell’ordine costituito. Nell’Unione europea, non essendoci un ordine giuridico stabilito da una costituzione, ma un processo costituente permanente, quella che pure potrebbe sembrare attività di attuazione, è propriamente costruzione di un ordine in fieri, che perciò nelle sue manifestazioni più recenti (segnate dal succedersi dei trattati), si presenta diverso da quelle immediatamente precedenti. Il processo di integrazione europea poggia su una serie di relazioni tra ordinamenti giuridici «separati ma collegati». L’ordinamento europeo, ancorché tragga la sua esistenza giuridica dagli stati che lo stanno forgiando nel senso dinamico anzidetto (ordo ordinans), è in una posizione di autonomia e di indipendenza rispetto agli ordinamenti nazionali, trova in sé stesso la propria legittimazione. Sebbene gli stati si considerano i «signori dei trattati», nel senso che dalla volontà dei loro governi dipendono i contenuti delle tappe del processo di edificazione dell’ordo ordinatus europaeus, essi hanno vieppiù accettato volontariamente in forza del principio di condizionalità [Bartole 2018, 297, 300] i valori, gli obiettivi e la supremazia dell’Unione europea (in munere proprio). Sicché i poteri europei hanno legittimamente – come ordinamento, in sé, autonomo e indipendente dagli stati e, al contempo, accettato come superiorem non recognoscens – una forza politica e giuridica in grado di condizionare le scelte e le istituzioni degli stati membri. Anche se non si ritenesse calzante l’analogia tra stato federale e integrazione europea, quest’ultima è molto prossima a un federalising process [Caravita 2014, 1 ss.]. La differenza, però, sta nel fatto che nell’Unione europea è il solo momento ordinante a essere in atto, mentre il prodotto che dovrebbe derivarne è ancora in potenza. L’ordinamento europeo e gli ordinamenti statali sono parte di un tutto che è l’Europa unita che li comprende. A questa entità unitaria eterarchica – frutto della produzione di norme derivanti dai fatti fondamentali che ne costituiscono la struttura in fieri – può essere riferito il concetto di «ordinamento costituzionale» o, più semplicemente, di «costituzione» europea (assumendo entrambi i concetti più in senso materiale che non formale). Questa prospettiva è la più corretta e non solo da un punto di vista giuridico: è quella che permette di superare il vicolo cieco di dover scegliere tra punti di vista parziali e antitetici, o statale o europeo. In fondo, non ci siamo ancora liberati dall’ipoteca del dilemma sotteso alla teoria della sovranità che Hans Kelsen aveva sviluppato nel 1920. L’unità giuridica, seguendo il Maestro della Scuola di Vienna, andrebbe ricercata assumendo il punto di vista o dell’ordinamento statale o di quello internazionale (o sovranazionale, nel nostro caso). Questa scelta, comunque, è sempre il contenuto di un giudizio di valore o politico: Kelsen, il normativista, ha posto in alternativa imperialismo e cosmopolitismo [Kelsen 1920]. In base allo schema euristico del federalising process, applicato al divenire costituzionale europeo, compiere una simile scelta non è, invece, più necessario. L’unità (politica e giuridica) non è il frutto di una decisione sulla Kompetenz Kompetenz tra due sovrani in lotta, ma corrisponde a un’identità costituzionale composita ed eterarchica, un ordinamento generale costituito di ordinamenti particolari, quelli statali e quello dell’Unione europea, che si implicano e si completano reciprocamente. Ha ragione Beniamino Caravita quando sottolinea che «in Europa, in verità, c’è molta Europa, molta di più di quanta ne immaginiamo. L’Europa “reale” è diversa, più profonda, più presente – e in realtà migliore dell’Europa “percepita”, sia sotto il profilo della qualità, che sotto quello della quantità» [Caravita 2015, 7]. Il processo europeo in corso di svolgimento, in altre parole, è diretto a plasmare questa unita politica e giuridica non ancora in essere, senza perdere la molteplicità (Vielfalt) come valore qualificativo della propria identità comune. Nella prospettiva dell’unificazione federale europea la domanda fondamentale è e resta «quanta diversità l’Europa deve conservare per ottenere un’unità significativa» [Caravita 2015, 12]. Proprio per effetto dell’embricazione costituzionale tra ordinamenti statali e europeo, l’ordo ordinans che si svolge nella dimensione europea incide su entrambi, forgiandoli continuamente. Ecco perché le trasformazioni istituzionali, che sono irrelate a questo divenire in senso federativo, appaiono notevoli soprattutto dal punto di vista degli stati membri: perché il processo costituente europeo incide sugli ordinamenti statali in quanto già ordines ordinati. Ciò che nella vita normale di uno stato dovrebbe essere manifestazione soltanto di attuazione costituzionale, per effetto del processo europeo, diventa esercizio di un potere costituente che, come tale, può arrivare a modificare la costituzione stessa… (segue)



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