
Oggetto del presente studio è il diritto di accesso, che – come è ben noto – nel corso delle ultime decadi è stato interessato da numerosi interventi normativi, i quali, a quello originario ex L. 7 agosto 1990, n. 241, hanno affiancato altri tipi di accesso, vocati a perseguire finalità differenti. Verosimilmente, nell’idea del Legislatore italiano, l’implementazione dello strumentario messo a disposizione del cittadino – che attualmente può scegliere una tra le tre diverse procedure di accesso – avrebbe dovuto consentire un apprezzabile incremento del livello di trasparenza della P.A. A qualche anno dall’approvazione del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, analizzando l’applicazione dei diversi diritti di accesso, pare non infondato dubitare della efficacia della scelta legislativa. Ed invero, la sensazione che si trae dall’esame del dato normativo è che la sua complessità non sempre faciliti la effettiva conoscenza del patrimonio di informazioni pubbliche, ma addirittura finisca sovente per inibirla. Sembrerebbe insomma che la disciplina regolativa delle varie tipologie di accesso in Italia, un po’ paradossalmente, possa costituire una delle cause di intralcio alla realizzazione di una P.A. aperta e trasparente. Al fine di dimostrare tale assunto, dopo aver proceduto alla indispensabile previa illustrazione della regolazione del diritto di accesso in Italia – provvedendo ad una rapida comparazione fra le sue diverse declinazioni –, si è indagata la giurisprudenza amministrativa, cui è toccato il compito, tra l’altro, di chiarire i rapporti tra i vari tipi di accesso, di definire le conseguenze della erronea scelta di utilizzarne uno in luogo di un altro, di porre rimedio al disallineamento tra la legittimazione procedimentale (talvolta) estesa a chiunque e quella processuale che, viceversa, non può che essere riservata a chi dimostri di possedere un interesse giuridicamente qualificato. Alla luce della rilevata complessità della disciplina italiana sul diritto d’accesso, lo studio si concentra, a seguire, sull’ordinamento spagnolo che contempla una regolazione assai più lineare della trasparenza e, più in particolare, del diritto di accesso, regolazione (che merita d’essere, sia pur in breve, debitamente illustrata e) che restituisce l’idea di una maggiore efficacia nella garanzia delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte. L’indagine si conclude provando ad avanzare una proposta ricostruttiva che prende spunto dall’insegnamento derivante dall’ordinamento spagnolo, mettendo in evidenza, in chiave comparata, le principali differenze e le analogie con l’ordinamento italiano… (segue)
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