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NUMERO 23 - 05/12/2018

 Pesc e Psdc: quale ruolo per il Consiglio europeo?

Il processo che ha portato verso l’affermazione di una Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e una Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) garantisce attualmente un considerevole ampliamento del perimetro dell’azione esterna dell’Unione, all’interno del quale il ruolo svolto dall’Unione ha acquisito una sempre maggiore centralità. Invero, tale processo ha vissuto certamente un percorso discontinuo e tormentato: volontà politiche divergenti tra gli Stati membri hanno causato numerose frenate all’integrazione, sottoposta a diversi compromessi e modifiche per ottenere passi in avanti. Ciò vale soprattutto per la politica di difesa: pur se essa costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune, da sempre è ritenuta dagli Stati membri l’ultimo baluardo della sovranità nazionale, a giustificazione della ritrosia di quest’ultimi a cedere la propria competenza in materia all’Unione. Nondimeno, le accelerazioni registrate negli ultimi anni nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa superano di gran lunga quelle riguardanti la politica estera, se non altro perché la prima partiva alcuni passi indietro rispetto a quest’ultima. Ed un evento epocale quale la Brexit ha paradossalmente dato nuova linfa alla volontà di sviluppare un progetto di difesa a livello dell’Unione, seppur attraverso lo strumento delle cooperazioni rafforzate, che accettano il compromesso della c.d. integrazione a due velocità. Infatti, l’istituzione della PESCO (la c.d. cooperazione strutturata permanente prevista dall’art. 42, par. 6, TUE,v. infra, par. 4) costituisce allo stesso tempo un elefante bianco in materia e una prima e puntuale attuazione di quanto disposto nei Trattati per favorire la nascita di una difesa comune europea. Sebbene la politica di sicurezza e di difesa abbiano conservato un carattere sostanzialmente intergovernativo, anche a seguito dell’abolizione dei pilastri operata con il Trattato di Lisbona, rilevanti competenze sono state attribuite alle istituzioni dell’Unione europea, segnatamente al Consiglio europeo, al Consiglio, all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, mentre Parlamento, Commissione e Corte di giustizia hanno un ruolo limitato, se si eccettua per quest’ultima la possibilità che essa sia chiamata a pronunciarsi sui ricorsi riguardanti il controllo di legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche e giuridiche, adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2 del Trattato sull’Unione europea. Questa tensione tra metodo intergovernativo e metodo comunitario, fatta di spinte e controspinte tra ispirazioni divergenti, è riscontrabile sia analizzando i soggetti della PESC [in senso ampio] che gli atti nei quali essa si esprime nonché i procedimenti preordinati alla produzione di tali atti. Peraltro, come si cercherà di evidenziare nelle pagine seguenti, quello della PESC e del suo corollario PSDC è pur sempre un pilastro, inserito all’interno di un edificio unitario e, in questo senso, legato alla sorte degli altri e destinato a subire gli influssi ed in un certo senso la forza attrattiva di questi. E, in questo contesto, il Consiglio europeo non poteva che avere una posizione centrale e preminente… (segue)



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