
Il recente avvio della XVIII Legislatura, dopo le elezioni del 4 marzo 2018, ha consegnato un quadro politico-istituzionale particolarmente complesso. Le problematiche sin da subito manifestatesi in merito alla definizione di una maggioranza politica, infatti, hanno determinato non poche difficoltà nel dare vita ad un Governo espressivo dei partiti maggiormente rappresentati in Parlamento. La situazione venutasi a creare, tuttavia, non è apparsa del tutto nuova. Già dopo le precedenti elezioni del febbraio 2013 le Assemblee parlamentari avevano registrato analoghe difficoltà a cagione dall’affermazione di tre principali formazioni politiche, presentatesi alle consultazioni elettorali come tra loro alternative, nessuna delle quali però in possesso, in entrambi i rami del Parlamento, di una autonoma maggioranza in grado di sostenere la nascita di un Esecutivo. In tale contesto, segnato da una elevata frammentazione politica, particolarmente lunga e complessa fu l’attività di mediazione istituzionale dell’allora Presidente della Repubblica, grazie al cui fondamentale contributo si arrivò infine, non senza polemiche anche aspre, ad un accordo tra due delle tre formazioni prevalentemente rappresentate in Parlamento per sostenere la nascita di un Governo. In presenza del quadro poc’anzi accennato, nel corso della XVII legislatura da poco conclusa l’attività di governo è stata interessata da non poche turbolenze, spesso addebitate all’interventismo dell’Esecutivo, non di rado ritenuto eccessivo, che ha fortemente caratterizzato la produzione normativa, arrivando ad interessare pure il piano della revisione costituzionale e delle regole elettorali. Pur in presenza di elementi di similitudine rispetto a quanto verificatosi nella precedente legislatura, il rinnovo delle Assemblee parlamentari degli scorsi mesi ha però immediatamente messo in luce elementi di ulteriore e maggiore instabilità politico-istituzionale. Le consultazioni elettorali del 2013, infatti, come è ben noto furono celebrate sulla base di un meccanismo elettorale (l. n. 270/2005) che, seppur tendenzialmente proporzionale, prevedeva in favore della coalizione (o della lista) più votata l’assegnazione di un premio di maggioranza, su base nazionale per la Camera e su base regionale per il Senato. Da ciò derivando che, quantomeno presso la Camera dei Deputati, il responso elettorale ebbe modo di consegnare una maggioranza, partendo dalla quale si cercò poi di ampliare il consenso parlamentare per aggregare anche nell’altra Assemblea una corrispettiva maggioranza… (segue)
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