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Il sistema della tutela dei diritti fondamentali in ambito nazionale ed europeo si sta arricchendo di un nuovo, “rivoluzionario”, strumento processuale: il rinvio pregiudiziale facoltativo alla Corte EDU, previsto dal Protocollo n. 16, recante emendamento alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). L’istituto, giustamente definito dal Presidente Lattanzi come un vero “salto di qualità” nel dialogo tra le Corti, è diventato pienamente operante, a partire dal 1 agosto 2018, nei dieci Stati cha hanno già ratificato il Protocollo. La situazione dell’Italia è, al momento, ancora incerta, poiché l’iter della legge di ratifica ed esecuzione si è fermato, nella scorsa legislatura (XVII), all’esame del Senato, dopo l’approvazione di un testo d’iniziativa governativa, da parte della sola Camera dei deputati. Nella legislatura in corso (XVIII) l’attuale Governo ha poi presentato un disegno di legge che riproduce, nella sostanza, lo stesso articolato, ma il procedimento risulta, allo stato, ancora fermo. Il mutevole contesto politico di riferimento non consente di svolgere previsioni attendibili sui tempi di definitiva approvazione della legge di recepimento del Protocollo: i temi dei rapporti tra Stato sovrano ed Europa (anche nella sua dimensione allargata ai 47 membri del Consiglio d’Europa e dell’ambito di operatività della CEDU), insieme alle questioni della stessa collocazione dei diritti fondamentali, a fronte del principio di autorità, formano oggetto, ora, di un’attenzione mediatica assai forte, che induce alla prudenza. Tuttavia, almeno tre considerazioni suggeriscono di ipotizzare una rapida adesione dell’Italia al Protocollo n. 16… (segue)
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