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NUMERO 6 - 20/03/2019

 L'autonomia statutaria delle istituzioni scolastiche

Raccogliendo lo stimolo dell’amico prof. Francesco Greco, vorrei provare a riprendere un ragionamento sull’autonomia statutaria delle scuole svolto, proprio qui a Cosenza e sempre in un incontro seminariale organizzato dall’Associazione Nazionale Docenti, quasi quindici anni fa, per verificarne la tenuta alla luce del mutato – ma, come vedremo, non troppo – contesto normativo e culturale e valutare se vi siano concrete prospettive che si realizzi quanto allora auspicavo. Quel discorso prendeva sostanzialmente le mosse dalla legge n. 59 del 1997 – che, pur avendo dato notevole spessore all’autonomia scolastica, continuava a disegnare un sistema scolastico che, ancorchè policentrico, restava saldo nella sua unitarietà, tanto da indurre la dottrina ad affermare che l’attuazione del sistema di autonomia delle scuole rischiava di «essere compromesso da una sorta di centralismo di ritorno» - e dal d.p.r. n. 275 del 1999 – che, nell’approvare il regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche previsto dall’art. 21 della legge Bassanini, aveva dato espresso risalto all’autonomia funzionale, il cui significato era stato subito individuato in dottrina «nella possibilità di modellare l’esercizio della “funzione” (la gestione dei percorsi formativi) in base alle esigenze della propria utenza e in relazione alle politiche territoriali del lavoro e alla offerta di formazione superiore sia universitaria che extra-universitaria» – e dall’amara constatazione che, a prescindere dal tipo di autonomia funzionale effettivamente attribuita alle scuole, permaneva un quadro complessivo non del tutto soddisfacente, in quanto l’attribuzione di varie forme di autonomia aveva sì comportato «il superamento di una concezione puramente statale del sistema di istruzione», ma non aveva ancora trasformato la scuola in un soggetto davvero indipendente e svincolato dal sistema organizzativo-amministrativo statuale. La situazione non sembrava essere stata sensibilmente modificata nemmeno dalla riforma del Titolo V della Costituzione, anche perché la «clausola di salvaguardia dell’autonomia delle istituzioni scolastiche», esplicitamente prevista dal comma 3 dell’art. 117, resta pur sempre inserita nel comma relativo alla potestà legislativa concorrente, «con ciò sembrando significare che l’autonomia scolastica possa essere sensibilmente compressa (seppur non soppressa) dalla legge statale, quando questa adotti le “norme generali sull’istruzione” di cui all’art. 117, comma 2, lett. m)». Alla limitata autodeterminazione dei fini, ossia di indirizzo, si aggiungeva, peraltro, la forte dipendenza nella provvista delle risorse umane e finanziarie. La legge delega sull’istruzione n. 53 del 2003 non aveva in alcun modo cambiato i termini della questione, in quanto priva di «un disegno complessivo di riprogettazione del quadro organizzativo generale nel segno dell’autonomia», tant’è che la dottrina aveva affermato che «nel volgere di un breve lasso di tempo l’autonomia delle istituzioni scolastiche, da principio organizzativo fondamentale dell’intero sistema di istruzione, dotato anche di rilevanza costituzionale, sembra essere divenuto un mero limite esterno dell’attività normativa del Governo»… (segue)



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