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"La Communauté avait un objet limité aux solidarités inscrites dans les traités, et si nous avions toujours pensé que ces solidarités enappelleraient d'autres, et de proche en proche entraîneraient l'intégration la plus large des activités humaines, je savais que leur progrès s'arrêterait aux limites où commence le pouvoir politique. Là, il faudrait à nouveau inventer”. Già nel pensiero dei padri fondatori, era lucidamente previsto che il sistema dagli stessi posto a base dell’integrazione europea avrebbe dovuto necessariamente trasformarsi ed evolversi una volta giunti al passaggio da una comunità incentrata essenzialmente su una mera integrazione economica, ad unione politica caratterizzata da una più convinta consapevolezza unitaria, nell’ambito di una maggiore valorizzazione della prospettiva comunitaria. Nell’intervento tenuto in occasione della Rentrée académique du Collège d'Europe, (Bruges, 2-10-2002) il Presidente Valery Giscard d’Estaing suggestivamente immaginava un antagonismo fra “Monnet e Metternich”, al fine di illustrare le diverse anime che stavano caratterizzando il dibattito concernente l’evoluzione dell’integrazione comunitaria, diviso fra l’applicazione del cosiddetto metodo comunitario e la necessità di tutela delle prerogative intergovernative degli Stati membri. Già dai suoi albori, dunque, la costruzione di quella che oggi conosciamo come “Unione” europea ha dovuto necessariamente confrontarsi con contrapposti scenari che vedevano via via prevalere idee volte all’ideazione di un modello di governo sovranazionale, ispirato a criteri di organizzazione federativa di Stati, ed idee di matrice ben più tradizionale, volte a salvaguardare l’identità dei singoli Stati membri. Alla fine del secolo scorso, nell’ambito della discussione sui principi fondamentali dell’Unione da trasfondere nel Trattato di Maastricht, ed all’inizio del nuovo millennio, in occasione del dibattito sui principi fondanti del progetto di “Costituzione Europea”, poi in parte trasfusi nel Trattato di Lisbona, le tesi contrapposte si identificavano nel pensiero dei cosiddetti “europeisti”, ai quali facevano da contraltare le tesi dei cosiddetti “euroscettici”. Nello scenario attuale, incancrenito dalla crisi che ormai da tempo caratterizza l’economia di una gran parte dei paesi europei, si è ormai consolidato il dibattito volto a contrapporre tesi indicate come “sovraniste”, agli orientamenti volti a perseguire il raggiungimento di una maggiore identità europea, orientamenti che (quanto meno in parte dell’opinione pubblica) sembrano essersi radicati essenzialmente nel solo establishment delle istituzioni europee, addirittura a discapito dei cittadini europei… (segue)
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