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NUMERO 7 - 03/04/2019

 L'ordinamento della giustizia sportiva alla luce della recente riforma

A mo’ di premessa, appaiono opportune un’osservazione e una raccomandazione relativamente agli organi della giustizia sportiva: occorre assicurare, oltre alla competenza e all’esperienza dei soggetti chiamati ad esercitare le relative funzioni, la loro assoluta autonomia, terzietà e indipendenza che costituiscono i “pilastri” intorno ai quali sono costruiti i ruoli dei giudicanti e degli inquirenti. Oggi il sistema è conformato nel senso che i giudici sono nominati dal CONI e dalle Federazioni, i cui provvedimenti possono formare oggetto di impugnative che sono decise da quei giudici. La FIGC aveva tentato di risolvere il problema, con l’istituzione della Commissione di garanzia, composta in maniera specchiata (mi permetto di dirlo anche se ne sono stato, fin dall’inizio, il presidente), che aveva la funzione primaria di nominare i giudici sportivi. Poi questa competenza fu “degradata” all’emanazione di un parere sulla sussistenza dei requisiti degli aspiranti e la nomina ritornò al Consiglio Federale (in occasione delle ultime nomine si trattò addirittura di un parere “successivo”, richiesto dopo che queste erano già avvenute, il che è un controsenso, giuridico e di fatto, perché il parere, per sua natura, è preventivo). In tal modo può sorgere qualche dubbio sul carattere di terzietà funzionale, che deve essere proprio di ogni giudice, anche di quelli che esercitano – come nel caso della giustizia sportiva – una giustizia di tipo associativo, e ciò perché gli organi competenti a dirimere le controversie derivano la loro legittimazione a decidere da una delle parti in causa… (segue)



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