E’ facile intuire che la tematica così enunciata può destare alla semplice lettura un certo grado di interesse ma anche alcune perplessità poiché può rilevarsi che non si voglia affermare nulla di nuovo in quanto è banale riconoscere che la p.A. è chiamata per la sua stessa funzione istituzionale ad applicare la legge, logica per altro comune al cd. potere esecutivo, senonchè l’accento viene posto, con profonda convinzione, sul connotato dell’apparato che risulta “distinto” nell’ambito del complessivo storico potere esecutivo, che, come in altra sede dimostrato, si “distingue” per volontà costituzionale dal potere del Governo in quanto rimane sotto “l’egida” del Parlamento e quindi del potere legislativo. Ma anche aderendo ad un siffatto approdo ricostruttivo tuttavia le perplessità possono comunque permanere qualora ci si soffermi sul dogma secondo cui la p.A. è tenuta ad agire secondo il principio di legalità in conseguenza si potrebbe obiettare che non si intende sostenere in questa sede nulla di nuovo; ma va fatto notare che se le disposizioni, oggetto di indagine, si continuano ad essere interpretate (anzi lette) come mero accostamento di tre distinte chiavi e non nella loro logica complessiva funzionalità, come formula stereotipata, solo allora può sostenersi che rispettare la legge assume un significato di sufficiente banalità. In conseguenza anche la presente indagine finirebbe per arare un terreno da tempi storici remoti già sterrato. Senonchè, va fatto presente non soltanto per chi scrive che ha sempre proceduto nella prospettiva di considerare la p.A. la Costituzione in azione, ma anche per la logica insita nella stessa scienza amministrativa, la quale è portata ad allungare il raggio visivo sulla disciplina costituzionale al fine precipuo di percepire le ripercussioni sul piano della concreta e corretta operatività, si comprende come la tematica è anche da recepire da ben più ampia perimetrazione argomentativa. In proposito è sufficiente meditare sul fatto che la formula stereotipata viene in più di una occasione impressa nella Carta e per di più segnata come un sigillo (e non solo memorativo) in fondo alla disciplina costituzionale (art. XVIII), il quale scolpisce il principio secondo cui “la Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato”, in altri termini da tutti i componenti del popolo sovrano e quindi da ogni articolazione del cd. Stato apparato, per poter legittimamente desumere come i tre termini inclusi nella dizione della formula in esame sono tra loro legati da un rapporto, a così dire, funzionale in quanto diretti a precisare un obiettivo unico che si sostanzia nella “fedeltà” alla Repubblica democratica così come rimane fissata inderogabilmente nei principi fondamentali di cui alla prima parte della Costituzione; proprio da quei principi che per un lungo lasso di tempo sono stati ritenuti non applicabili a causa dell’assenza delle leggi ordinarie che li realizzassero sul piano della dialettica ordinamentale. Per converso, come si è rilevato in altra sede, detti principi costituiscono condizioni dello stesso potere sovrano, forza genetica della stessa Costituzione e che perciò ne condizionano lo stesso esercizio e che in conseguenza la stessa politica praticata subentrata avrebbe dovuto rispettare, senonchè il periodo di transizione è durato ingiustificatamente troppo a lungo consentendo che “la effettività” del vecchio regime liberale impedisse l’esauriente avvento dei valori democratico-costituzionali (sul punto si ritornerà più avanti). Rimane però fissato un punto argomentativo molto significativo per la tematica indagata ed esso consiste nel rilievo che la formula in esame non costituisce una singolare disposizione tesa a rammentare uno dei valori di cui raccomandare il rispetto in termini più che generici (ed in ciò l’errore che a volte si commette nella lettura di una singola disposizione costituzionale), bensì è funzionalmente diretta a corroborare quei doveri che risultano fissati ed imposti, per così dire, in termini genetici e conformativi (dello stesso condizionato) potere sovrano. Solo così la formula assume a pieno titolo una tonalità chiara di costituzionalità in qualità di corollario del consacrato regime di Repubblica-costituzionale-democratica, in conseguenza ben lungi dalla mera intenzione di rinverdire il vecchio e storico brocardo del rispetto della legge, dappoichè ogni Stato di diritto, in ogni sistema giuridico positivo, si ”ravvisa nella coercibilità dei comandi” imposti per legge, del resto poco convincente qualora si faccia attenzione sul fatto che i padri costituenti si sono costantemente mossi nella prospettiva di consacrare quei valori (politico-ideologici) diretti ad indirizzare la strada da seguire in futuro per la realizzazione della città dell’oro e che pertanto tutti i soggetti erano chiamati a cooperare partecipando attivamente (cfr. il ben noto art. 3 Cost.)… (segue)
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