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NUMERO 17 - 18/09/2019

 Quale performance amministrativa negli enti locali in situazione di grave squilibrio di bilancio?

La grave crisi economica e finanziaria del 2007-2008 ha portato, a livello europeo ed a livello di Stati nazionali, alla adozione di misure dirette al contenimento dei disavanzi pubblici al fine del perseguimento dell’equilibrio dei bilanci e della sostenibilità del debito pubblico. Misure che si sono tradotte per l’Italia, dato l’elevato debito pubblico, in regole molto stringenti dirette a prevenire ed a sanzionare le situazioni di grave squilibrio finanziario con l’introduzione, a livello costituzionale, del principio dell’equilibrio del bilancio e della sostenibilità del debito pubblico dell’intero comparto delle amministrazioni pubbliche. In questo contesto una particolare attenzione meritano le amministrazioni locali nelle quali la situazione deficitaria di molti bilanci ha dato l’avvio a procedure di dissesto guidato e di piani pluriennali di riequilibrio che hanno comportato limitazioni alle spese correnti e di investimento per lunghi archi temporali con inevitabili riflessi sull’attività amministrativa e dunque sul principio di buon andamento. Ebbene la ricerca che si intende svolgere è diretta ad approfondire, nel contesto del nuovo quadro costituzionale tracciato dalla riforma del 2012, proprio il nesso che è venuto a determinarsi tra situazioni di grave squilibrio di bilancio e attività amministrativa, o meglio tra i rigidi vincoli alla spesa imposti dalla grave situazione finanziaria dell’ente e le funzioni ed i servizi che l’amministrazione è tenuta ad esercitare e ad erogare. In un contesto del genere, appare, pertanto, interessante interrogarsi su quale “performance” sia possibile negli enti locali in grave criticità finanziarie, ed in particolare, su come ed in quale misura il personale dirigenziale possa operare nel concorrere al raggiungimento di tali obiettivi. Infatti, essendo il bilancio articolato in missioni e programmi al fine della rappresentazione contabile e finanziaria dell’intera attività amministrativa dell’ente, va verificato come il sistema di “indicatori di risultato” associato ai programmi di bilancio (ex art. 18 bis del d.lgs. n. 118/2011) si coniughi con il sistema di indicatori diretti alla misurazione delle performance (organizzativa e individuale) della dirigenza nel raggiungimento degli obiettivi (ex art. 8 e art. 9 del d.lgs. n. 150/2009, come modificato dal d.lgs. n. 74/2017), stante il ristretto margine di scelta riservato all’interno di procedure predeterminate, di valutazioni cicliche basate su indicatori predefiniti e di regole di utilizzo delle risorse pubbliche finalizzate solo al risparmio. Il rispetto pedissequo dei limiti di spesa, già presente in ogni amministrazione, diviene, pertanto, nella “rigidità” dei bilanci deficitari, il vero elemento di condizionamento dell’esercizio della funzione amministrativa, al punto che la ricerca intende proprio verificare se l’attuale assetto amministrativo fortemente indirizzato a favorire logiche di adempimento dei vincoli di spesa piuttosto che pratiche manageriali di ottimizzazione del risultato, sia l’unica strada da seguire per l’attuazione del principio di buon andamento. E che questo sia il problema che sta emergendo lo dimostrano le recenti sentenze della Corte costituzionale che, a fronte del nuovo paradigma giuridico dell’efficienza, sancito dal nuovo primo comma dell’art. 97 Cost., hanno evidenziato come l’estrema formalizzazione economico-finanziaria dell’esercizio della funzione amministrativa trovi un argine invalicabile nella funzionalità dell’organizzazione, ossia nella  “…programmazione delle attività e dei servizi che si intendono finanziare a legislazione vigente”, e come la possibilità, per gli enti locali, di rimodulare i piani di riequilibrio con la restituzione trentennale delle anticipazioni di liquidità, porti a destinare alla spesa corrente somme che invece dovevano essere destinate al rientro del disavanzo. Esito che, oltre a violare il principio dell’equilibrio di bilancio e ad incidere sull’equità intergenerazionale, finisce per costituire un fattore di “deresponsabilizzazione” non soltanto degli amministratori, ma anche del personale amministrativo ed in particolare della dirigenza dell’ente locale. Nel tentativo di rispondere all’interrogativo su quale performance sia possibile nelle amministrazioni locali in gravi situazioni finanziarie, nel presente lavoro si è scelto di procedere, sul piano metodologico, a delineare, in primo luogo, l’introduzione, ad opera della c.d. legge Brunetta, del ciclo della performance nell’intero comparto delle amministrazioni pubbliche ed il relativo processo evolutivo a seguito della successiva riforma Madia, ed in secondo luogo, ad analizzare il caso specifico della performance negli enti locali in situazione di grave criticità finanziaria, al fine di verificare se, e come, si configuri un rapporto tra ciclo di bilancio e ciclo della performance nelle amministrazioni locali in situazione di dissesto o di riequilibrio pluriennale nell’ambito della riforma costituzionale dell’art. 97 Cost.. (segue)



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