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NUMERO 21 - 13/11/2019

 Leggi-fake di spesa e razionalità finanziaria al tempo dei vincoli quantitativi di bilancio

Un fake, tecnicamente, è un utente di piattaforme digitali che falsifica deliberatamente la propria reale identità. In forma traslata fake è inteso come comunicazione di un contenuto "falso", "contraffatto", "alterato", "tarocco". In senso ancora più traslato, stavolta al linguaggio e alle prassi degli atti pubblici, e in specie delle leggi, si potrebbe parlare di leggi-fake per tutti quegli atti di natura legislativa che deliberatamente promettono ciò che i loro ‘legislatori’ non possono mantenere in termini di sostenibilità finanziaria, a fronte di un mutamento costituzionale, ora anche formale, che espunge Keynes dai bilanci pubblici. Una legge-tarocco, insomma, che per usare il linguaggio sbalorditivo della Corte costituzionale, «esprime una mera ipotesi politica, la cui fattibilità giuridica ed economico-finanziaria non è supportata neppure da una schematica relazione tecnica». Il passaggio appena citato è appunto tratto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 227/2019, emessa il 31 luglio 2019, depositata con le motivazioni il 29 ottobre dello stesso anno, a seguito di un giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso dal Governo italiano contro l’intero testo e, in particolare, l’art. 16 della legge della Regione Abruzzo 24/08/2018, n. 28, recante «Abruzzo 2019 - Una legge per L’Aquila Capoluogo: attraverso una ricostruzione, la costruzione di un modello di sviluppo sul concetto di Benessere Equo e Sostenibile (BES)», per contrasto con l’art. 81 terzo comma Cost. Si tratta di una legge complessa, che introduce interdipendenze decisionali e finanziarie tra Regione, potere centrale e poteri locali, ma senza alcuna garanzia di adesione di Stato e autonomie territoriali (cioè, praticamente, ‘a loro insaputa’), senza alcun corredo tecnico-finanziario, senza un quadro degli interventi integrati finanziabili, né indicazione delle risorse a legislazione vigente, e nemmeno studi di fattibilità tecnica e finanziaria né programma articolato delle coperture a fronte dei costi previsti e delle risorse già disponibili. Un insieme di più o meno belle immagini virtuali, insomma una sirena, bellissima sopra ma senza gambe per sorreggerla. Una plastica definizione del senso traslato di fake, appunto. È probabilmente importante – per il discorso che sarà qui svolto - sottolineare in via preliminare che il giudice relatore di tale sentenza è Aldo Carosi, magistrato proveniente dalla Corte dei Conti ed eccellente studioso di diritto della finanza pubblica, che si è trovato fra le mani appunto un testo che, con la dottrina degli anni ottanta, avremmo potuto chiamare ‘legge-manifesto’ o ‘legge-promessa’, ma che, alla luce della rivoluzione digitale, chiamiamo qui legge-fake, piena fino all’orlo di disposizioni finalizzate all’inquadramento della funzione dell’Aquila «Città capoluogo di Regione e del suo territorio nel complessivo assetto della Regione Abruzzo, in attuazione dei principi di solidarietà e di coesione sociale che consentono di perseguire l’armonico ed adeguato sviluppo di tutte le aree della Regione» (art. l), attraverso un programma di «investimenti strategici», da realizzarsi nell’arco del periodo finanziario 2019-2020, collegate alla «funzione di coordinamento e sicurezza del territorio» (art. 8), alla «cooperazione turistica» (art. 9), all’«ambiente» (art. 10), al «patrimonio artistico» (art. 11), alle «attività culturali e sportive» (art. l2), e financo alla «Perdonanza Celestiniana» (art. l3). Fake, perché non provvede ad indicare i mezzi con i quali si può far fronte alle nuove, stupefacenti spese derivanti dalle suddette, ineffabili promesse. Il capitolo di bilancio al quale le legge regionale n. 28 fa riferimento (Missione 9, Programma 09, Titolo 2, del bilancio pluriennale di previsione 2018-2020 della Regione Abruzzo, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo quale allegato alla legge di bilancio della Regione Abruzzo 5 febbraio 2018, n. 7), infatti, non prevedeva alcuno stanziamento. La legge-fake va pertanto a sbattere violentemente contro il terzo comma dell’art. 81 Cost., che, come è linguisticamente visibile dagli art. 81, 97, 117 e 119, e come ha più volte precisato la Corte costituzionale, vincola anche il legislatore regionale (v ad. es. sentenza n. 272 del 2011, secondo la quale anche nelle Regioni «la copertura di nuove spese “deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri”» essendo «richiesta anche quando alle nuove o maggiori spese possa farsi fronte con somme già iscritte nel bilancio, o perché rientrino in un capitolo che abbia capienza per l’aumento di spesa, o perché possano essere fronteggiate con lo «storno» di fondi risultanti dalle eccedenze degli stanziamenti previsti per altri capitoli»)… (segue)



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