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NUMERO 22 - 27/11/2019

 La retroattività in mitius delle sanzioni amministrative sostanzialmente afflittive tra Corte EDU, Corte di Giustizia e Corte costituzionale

Questo secondo profilo è conseguenza del progressivo assottigliarsi delle differenze tra certe tipologie di sanzioni amministrative (specialmente quelle emanate dalle autorità di regolazione dei mercati) e la sanzione penale. Tali differenze, un tempo basate principalmente sul nomen e poi sulla natura (la prima espressione del potere della pubblica amministrazione per fini di tutela di un interesse pubblico, la seconda irrogata da un giudice nei confronti di comportamenti caratterizzati da quell’alto grado di antigiuridicità che configura il reato) sono sempre meno evidenti, specialmente quando ci si riferisce alle sanzioni che vengono emanate dalle autorità di regolazione dei mercati. Tali autorità, infatti, presentano un elevato livello di indipendenza rispetto alla pubblica amministrazione; l’esercizio del potere sanzionatorio non è (almeno in teoria) espressione di discrezionalità amministrativa, ma consiste nell’applicazione di norme a fattispecie concrete; le sanzioni irrogate hanno le finalità tipiche delle sanzioni penali (afflittività, dissuasività); il massimo edittale è particolarmente rilevante proprio al fine di assicurarne l’afflittività e la dissuasività. Per queste ragioni la Corte EDU ha esteso la nozione di sanzione penale anche alle sanzioni amministrative che avessero i requisiti determinati con la famosa sentenza Engel (i c.d. Engel criteria) e sui quali ci intratterremo successivamente. Tuttavia, se queste sanzioni hanno natura sostanzialmente penale, e questa qualificazione assume carattere vincolante in conseguenza dell’art. 117 Cost. e della giurisprudenza della stessa Corte, non può non aprirsi il problema della estensione ad esse delle garanzie costituzionali e sovranazionali (CDFUE e Convenzione europea dei diritti dell’uomo -CEDU), previste in materia penale. L’applicazione a tali sanzioni del principio di retroattività favorevole, che è conseguenza di questi ragionamenti, si gioca tuttavia in uno spazio regolatorio complesso, dove si incrociano il diritto penale e il diritto amministrativo classico (non è nemmeno il caso di ricordare il numero di studi dedicati al potere sanzionatorio della pubblica amministrazione) con questioni assai più recenti di diritto sovranazionale EDU ed europeo, mentre la legislazione interna e i regolamenti delle autorità di regolazione del mercato, vanno spesso per proprio conto, rendendo assai difficile il lavoro all’interprete. Anche le magistrature superiori (Corte costituzionale, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato) su questo argomento non sembrano avere eguali visioni né di sistema né sulle singole questioni: ad esempio, in tema di retroattività, sino ad oggi la Corte di Cassazione ha applicato alle sanzioni amministrative afflittive il principio tradizionalmente valido per gli atti amministrativi del tempus regit actum, con una interpretazione assai riduttiva dei principi nel frattempo elaborati dalla Corte EDU e dalla Corte di Giustizia sulle garanzie applicabili alle sanzioni amministrative sostanzialmente penali; la Corte costituzionale aveva dato sì qualche segnale di apertura, ma senza assumere una linea chiaramente determinata. In ambito di giusto processo le differenze sono ancora più evidenti. La Corte di Cassazione non applica alle sanzioni Consob e Banca d’Italia, che non siano in tema di market abuse, i principi dei criteri Engel e dunque non considera tali sanzioni afflittive. Anche in tema di market abuse ritiene che i procedimenti sanzionatori di Banca d’Italia e di Consob siano coerenti con i principi internazionali da tempo precisati dalla Corte EDU e con le norme legislative interne che prevedono standard più elevati di contraddittorio. Al contrario il Consiglio di Stato già nel 2015 aveva svolto un ampissimo ragionamento per dimostrare come i procedimenti della Consob non fossero rispettosi dei principi del contraddittorio e della separazione tra attività istruttoria e decisoria. I principi affermati in tale sentenza hanno trovato conferma sempre da parte del Consiglio di Stato che, dopo aver rilevato la afflittività secondo i criteri Engel delle sanzioni IVASS (sulla quale è rimasta la giurisdizione esclusiva amministrativa), ha annullato il regolamento sanzionatorio della medesima. Cosicché in tema di sanzioni si verificherà ora una disparità di trattamento rilevante: le sanzioni IVASS godranno di un procedimento amministrativo informato ai principi del contraddittorio e del giusto processo secondo i canoni dell’art. 6 della CEDU, mentre le sanzioni della Banca d’Italia e della Consob, ricondotte alla giurisdizione del giudice ordinario, saranno prive di tali garanzie. In questo spazio così complesso occorre, quindi, cercare di creare un certo ordine, partendo dal sistema delle fonti per determinare –in un contesto normativo e giurisprudenziale sovranazionale ormai stabilizzato– il grado di copertura del principio di retroattività favorevole. Sarà poi necessario trasferire i risultati raggiunti nell’ambito delle sanzioni amministrative sostanzialmente afflittive secondo la giurisprudenza CEDU, per verificarne gli effetti. Infine, per quanto il tema sia affascinante da un punto di vista dogmatico, è sempre opportuno non dimenticare che da una costruzione concettuale derivano anche effetti pratici. Si cercherà, pertanto, di dare conto di alcuni di questi effetti pratici nell’ultimo paragrafo… (segue)



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