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Il d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, di seguito, più brevemente, TUSPP), all’art. 2, lett. o), definisce le società in house come quelle «sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all’articolo 16, comma 1, e che soddisfano il requisito dell’attività prevalente di cui all’articolo 16, comma 3». In tale comma 3 viene fissata la regola per cui almeno l’ottanta per cento del loro fatturato deve essere «effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci», mentre all’art. 16, comma 1, si stabilisce che «[l]e società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata». La nozione di società in house, come è ben noto, fa quindi perno sul concetto di controllo analogo del socio pubblico, e dunque tale “tipo” società si presenta, nella sua essenza, come un fenomeno caratterizzato dall’intrecciarsi di due (distinti) piani, o, meglio, da diversi ordini di valutazioni che sono dettate, da un lato, dalla “speciale” presenza del socio pubblico, e, dall’altro, dalla veste privatistica adottata. Un “intreccio pubblico-privato” che sembra rappresentare il dato di fondo e il carattere distintivo del fenomeno, come invero anche la principale matrice di quella forte ambiguità da sempre rinvenibile nel delicato ambito della distribuzione dei poteri di indirizzo e gestione delle società in house. L’intersecarsi di tali due piani, va detto, non dovrebbe essere di per sé fonte di problemi; tuttavia questi possono presentarsi (come si sono presentati) se il momento dell’incontro non è governato da adeguate regole, tanto per l’azione del soggetto pubblico, quanto per l’organizzazione della società. E’ ben noto infatti il ruolo a volte virtuoso e determinante del soggetto pubblico nello sviluppo dell’attività economica di un paese, anche quando questo è veicolato dallo strumento societario. Però, quando tale intervento si svolge in un quadro di regole poco attento a scongiurare il rischio di possibili derive del fenomeno società pubbliche (che si presta infatti a essere piegato da parte dei detentori del potere politico per il perseguimento di obiettivi altri rispetto a quelli propri dell’impresa), si possono innescare dinamiche poco virtuose idonee a determinare tra l’altro l’insuccesso dell’impresa societaria pubblica… (segue)
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