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Il d.lgs. n. 97 del 2016, che ha modificato il d.lgs. 33 del 2013, sottende la massima espressione della trasparenza amministrativa intesa come "accessibilità totale" delle informazioni e dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, con la finalità di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'uso delle risorse pubbliche. Il citato decreto correttivo ha, in particolare, modificato l'art. 14, avente ad oggetto gli "Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di Governo e i titolari di incarichi dirigenziali". Il comma 1 elenca i dati e le informazioni che, con riferimento ai titolari di incarichi politici, anche se non di carattere elettivo, di livello statale regionale e locale, le amministrazioni hanno l'obbligo di pubblicare sui propri siti. Il comma 1 bis estende tali obblighi di pubblicazione, già previsti per i titolari di incarichi politici, anche ai titolari di incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo conferiti. Il comma 1 ter, invece, impone a ciascun dirigente di comunicare all'amministrazione presso la quale presta servizio gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, con conseguente obbligo per l'amministrazione di pubblicare sul proprio sito istituzionale l'ammontare di tali somme. La legittimità costituzionale di tali obblighi è stata affrontata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 20 del 2019, che trae origine proprio dall'asserita violazione della normativa europea sulla privacy concernente l’obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni di pubblicare sui loro siti la documentazione attestante i compensi ed i rimborsi ricevuti dai dirigenti pubblici per l’espletamento dei loro incarichi nonché le dichiarazioni relative ai dati reddituali e patrimoniali degli stessi e dei loro congiunti. Il Tar del Lazio, infatti, ha sollevato incidente di costituzionalità nel quale, oltre alla violazione di alcuni parametri costituzionali interni (artt. 2, 3, 13 e 117 Cost.), prospettava quella degli artt. 7, 8, 52 della Carta dei diritti UE, dell’art. 8 CEDU e di varie norme della direttiva 95/46/CE sul trattamento dei dati personali, ora sostituita dal Regolamento 2016/679/UE. Le disposizioni giunte all’attenzione della Corte costituzionale, come visto poco sopra, sono state inserite nel d.lgs. 33/2013 con la novella recata dall’art. 13, comma 1, lett. c) del d. lgs. 97/2016 adottato in attuazione della delega di cui all’art. 7 della legge 124/2015, che ha anche introdotto l’accesso civico generalizzato nell’ordinamento italiano. Va ricordato, in particolare, che il regime di pubblicità contestato è quello previsto originariamente solo per i componenti degli organi di indirizzo politico e successivamente esteso anche ai titolari di incarichi di amministrazione, di direzione o di governo e ai titolari di incarichi dirigenziali. L’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 dispone la pubblicazione nella sezione dei siti istituzionali, rubricata “Amministrazione trasparente”, dei seguenti documenti e informazioni: a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo; b) il curriculum; c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti; e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti; f) le dichiarazioni patrimoniali e attestazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge 5 luglio 1982, n. 441 (Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti), ovvero la dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche e quella concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di partecipazione a società, anche in relazione al coniuge non separato ed ai parenti entro il secondo grado, ove essi vi consentano, dovendosi in ogni caso dare evidenza al mancato consenso. Il comma 1-bis dell’art. 14 dispone, quindi, che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui al comma 1 sopra indicati per i titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati, salvo che siano attribuiti a titolo gratuito, e per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. Infine il comma 1-ter dell’art. 14 dispone che ciascun dirigente comunica all'amministrazione presso la quale presta servizio gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 897. L'amministrazione è tenuta a pubblicare, sul proprio sito istituzionale, l'ammontare complessivo dei suddetti emolumenti per ciascun dirigente. I dati previsti dall’art. 14 vanno pubblicati dalle amministrazioni entro tre mesi dal conferimento dell’incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dello stesso, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell’incarico. Decorsi detti termini, i relativi dati e documenti sono accessibili secondo la disciplina dell’accesso civico… (segue)
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