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NUMERO 10 - 15/04/2020

 Miopia istituzionale nella strategia delle riforme costituzionali, o consapevole ricerca di una 'marginalizzazione' della rappresentanza parlamentare?

Qualora tutte le riforme costituzionali presentate e discusse nell’odierna legislatura dovessero essere approvate, la stessa legislatura potrebbe vantare un triste primato. Potrebbe essere ricordata per le riforme costituzionali che promettono qualche cosa, ma che di fatto conducono, o potrebbero condurre, al suo esatto contrario; per le riforme che, a seconda dell’angolo visuale prescelto, assumono conformazioni radicalmente contrapposte. Così, per limitarci qui soltanto ad alcuni esempi, la riforma sul c.d. referendum propositivo può essere letta come una forma di implementazione della democrazia partecipata, oppure, come un forte svilimento e ridimensionamento della democrazia rappresentativa. La riforma, approvata in via definitiva dal Parlamento, sulla riduzione del numero dei parlamentari può essere vista come una razionalizzazione dei lavori parlamentari, con un conseguente risparmio di spesa, oppure, come un ridimensionamento eccessivo della rappresentanza parlamentare, che potrebbe comprimere le istanze democratico-rappresentative, che, unitamente alla precedente, potrebbe stravolgere l’equilibrio voluto dal Costituente di preminenza delle dinamiche rappresentative su quelle partecipate, a vantaggio di queste ultime. Quella sull’estensione dell’elettorato attivo e passivo per l’elezione del Senato della Repubblica, potrebbe essere letta come la volontà di allargare le maglie della democrazia e della rappresentanza, attraverso l’equiparazione dell’elettorato attivo e passivo della Camera Alta a quello della Camera Bassa, oppure, come un colpo fatale allo stesso bicameralismo, eliminando così i principali elementi di differenziazione tra le due Camere e dunque, progressivamente, ma inevitabilmente, qualsiasi ragione di conservazione di un Parlamento bicamerale, riducendo ulteriormente gli spazi della rappresentanza parlamentare. È noto, infatti, che per dare un senso ed una ragione di permanenza e sussistenza del bicameralismo, occorre diversificare le due Camere per composizione e funzioni, non certo renderle progressivamente sempre più simili, fino a farle diventare identiche, facendo così perdere qualsiasi ragion d’essere al bicameralismo… (segue)



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