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NUMERO 6 - 24/02/2021

 Gianni Ferrara costituzionalista intransigente

Di Gianni Ferrara, scomparso a Roma il 20 febbraio, si può dire quello che lui stesso disse del suo Maestro Giuseppe Guarino: «è stato costituzionalista sempre». Con quel rigore, anzi con quella intransigenza di un vero militante della costituzione e del costituzionalismo. Delle tante opere di Ferrara, quella dove si avverte chiaramente e fortemente questo suo modo di essere costituzionalista è, a mio avviso, La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica (ed. Feltrinelli, 2006). Dove viene enunciata “una certa idea” di Costituzione, «quale principio politico normativizzato che si specifica dispiegandosi nell’intero ordinamento». Dove viene reso manifesto il metodo scientifico segnato dallo storicismo, che induce a partire dalla ricerca delle origini degli oggetti della scienza giuridica per arrivare a chiarirne le forme nella contemporaneità, attraverso un attento e profondo esame delle impronte, che le varie fasi del processo storico hanno impresso agli istituti giuridici. È un metodo prezioso, anche perché sempre più raro; è un metodo complesso, perché presuppone una vasta cultura e non solo giuridica; è un metodo coraggioso, perché impone di svelare e dichiarare il proprio concetto di costituzione e quindi il proprio progetto di società. Gianni Ferrara non nascondeva il suo progetto di società, anzi: era fiero e orgoglioso del suo essere comunista, dalla parte dei deboli e per le ragioni dell’eguaglianza. Credeva in un costituzionalismo democratico, distinto e per certi versi distante da quello liberale. Il suo riferimento storico-costituzionale non erano certo i Founding Fathers americani ma piuttosto era la Dichiarazione del 1789 e soprattutto l’art. 16 della stessa, con quella frase scolpita e tramandata nei secoli: «Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione». La garanzia dei diritti viene a essere assicurata per il tramite della rappresentanza politica, a cui è affidato il compito di saldare lo Stato con la società.  Al tema e problema della rappresentanza Gianni Ferrara ha mostrato sempre particolare attenzione e osservazione. Come scrisse nella Presentazione al volume Gli atti costituzionali (ed. Giappichelli, 2000): «Mi sono accorto, via via che preparavo, pronunziavo le lezioni e le riassumevo scrivendo questo libro, che, in buona sostanza, tutti i vari sentirei che stavo attraversando conducevano alla rappresentanza. Non mi ha stupito la direzione di questo percorso: non è forse rappresentativa, più o meno autenticamente e credibilmente, la democrazia dei moderni?». E il mandato a rappresentare la Nazione, Gianni Ferrara lo ebbe e lo esercitò per due legislature (la IX e la X) eletto come indipendente di sinistra e poi transitato al gruppo comunista. La sua esperienza parlamentare nasce però prima, quando, nel 1957, vince il concorso come funzionario parlamentare alla Camera dei deputati. Frutto dell’esperienza di quegli anni sarà anche la monografia Il Presidente di Assemblea parlamentare (1965), con la quale, insieme a un precedente volume su Il rinvio della legge alle Camere prorogate (1964), vince il concorso per la cattedra di dottrina dello stato bandito dall’Università di Sassari. Viene chiamato nell’Università di Genova, poi in quella di Napoli e, dal 1974, nella facoltà giuridica della Sapienza di Roma A sfogliare la sua bibliografia (riprodotta negli Scritti in suo onore, tre volumi pubblicati nel 2005), si nota come la sua produzione scientifica si è intensificata soprattutto a partire dall’anno 2000. Infatti, oltre ai ricordati volumi sugli atti costituzionali e la costituzione, pubblica anche L’altra riforma nella Costituzione (2002); I comunisti italiani e la democrazia. Gramsci, Togliatti e Berlinguer (2017) e Riflessioni sul diritto (2019), oltre a una notevole messe di saggi apparsi in varie sedi ma soprattutto nella rivista da lui fondata e diretta per un lungo periodo Costituzionalismo.it. Scritti sempre lucidi, acuti e contrassegnati da quel rigore anzi intransigenza di cui parlavo all’inizio. Vi erano esposte anche tesi forti e (forse) volutamente forzate. Come quella nel ricordato volume su I comunisti italiani e la democrazia, il cui obiettivo era di dimostrare che «se è vero che la storia dell’Italia nel secolo scorso è la storia della lotta per la democrazia in Italia, è altrettanto vero che essa è stata anche, e tutta intera, la storia del Partito comunista italiano». A questa tesi e al libro intorno alla quale era stato concepito, avevo affissato delle garbate ma ferme critiche, dalla parte del liberalismo, in una recensione scritta sul domenicale del sole24ore (del 16 luglio 2017). Gianni Ferrara non se ne ebbe a male, tutt’altro: mi scrisse una lunga e affettuosa lettera nella quale replicava alle mie critiche. E quando mi mandò copia del suo ultimo libro sulle Riflessioni sul diritto, lo accompagnò con una dedica affettuosa in cui sperava in una critica…. ”moderata”. Certo, insieme allo studioso Ferrara andrebbe raccontato l’uomo, che era amabile e sempre disponibile, soprattutto con i giovani: saranno gli allievi, come è giusto, a narrare e ricordare storie e vicende del suo magistero... (segue)



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