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FOCUS - Osservatorio Trasparenza

 TAR Sentenza n. 796/2021, Sull’abuso del processo determinato da una reiterata proposizione di ricorsi e istanze d’accesso documentale.

Est. R. Vampa, Presidente S. Scudeller – Omissis (avv. Fabrizio Perla) c. Asl Caserta (avvocati M. Forestieri, M. Pascarella)

 

Istanza di accesso – Articolo 22 della legge 241 del 1990 – Buonafede e correttezza – Rapporto giuridico – Rapporto di pubblico impiego.

Asl – Licenziamento – Responsabilità – Mobbing – Reintroduzione nel posto di lavoro – Reiterate domande d’accesso –  Ostensione documenti.

Tar – Istanze d’accesso generiche e ripetitive – Istanza d’accesso eccessivamente estesa – Riferimento ad atti non individuati – Rispetto canone della chiarezza e continenza –Richieste generiche o emulative – Forma di abuso del diritto.

–Istanze d’accesso – Paralisi dell’attività amministrativa – Agere processuale contrastante con buona fede e correttezza –  Pluralità di ricorsi – Non giustificati.

Dovere di buona fede e correttezza –  Criterio di valutazione della condotta delle parti – Canone di individuazione dei limiti alle richieste e ai poteri dei titolari dei diritti – Forme di tutela.

Reiterata proposizione di ricorsi – Eterogenee e non quantificabili istanze d’accesso – Violazione dei principi dell’azione amministrativa – Buon andamento – Aggravi procedimentali e finanziari – Frazionamento della tutela giudiziale – Principio di lealtà e probità processuale – Principio di concentrazione delle decisioni – Economia extraprocessuale.

La pronuncia in esame, avente ad oggetto l’accertamento del diritto di accesso ex. art. 22 della legge 241 del 1990, mette in evidenza l’importanza del rispetto degli obblighi di buona fede e correttezza i quali dovranno sempre informare la condotta dei soggetti legati da un rapporto giuridico, in particolare nell’ipotesi, come nel caso di specie, di soggetti legati da un rapporto di pubblico impiego.

Il ricorrente aveva prestato servizio presso una ASL e dopo essere stato licenziato, in sede giudiziale veniva accertata la responsabilità della stessa per mobbing. Di conseguenza, il ricorrente, dopo la pronuncia della Corte d’appello che aveva dichiarato nullo il licenziamento, veniva reintrodotto nel servizio e presentava reiterate domande di accesso relative alla richiesta di eterogenea documentazione in possesso dell’Amministrazione e altrettanti ricorsi dinnanzi al Tar al fine di ottenere nel minor tempo possibile i documenti richiesti con le istanze d’accesso, non ostesi.

Il Tar ha osservato che, le richieste di accesso, oltre ad essere generiche e ripetitive, fossero esclusivamente volte all’elaborazione di dati, all’acquisizione di informazioni aliunde agevolmente ottenibili e, soprattutto, prive di un effettivo collegamento con la sfera giuridica del ricorrente. Nello specifico, ha evidenziato il fatto che l’istanza di accesso non può mai essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati. In altri termini, nella formulazione di un’istanza di accesso, il Collegio ha ricordato il rispetto dei canoni della continenza, chiarezza e clare loqui della stessa. Inoltre, il Tar richiamando un precedente della stessa Sezione ha ribadito che l’accesso, deve avvenire in modo da comportare il minore aggravio possibile per gli uffici, e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche o meramente emulative, concretanti una forma di abuso del diritto (TAR Campania, VI, 10 luglio 2020, n. 3000).

Il giudice amministrativo, ha rilevato anche un abuso del potere in sede processuale poiché i ricorsi presentati, consequenziali alle istanze di accesso, avevano esclusivamente il fine di paralizzare l’attività amministrativa. Invero, l’agere processuale del ricorrente è risultato, secondo la Sezione, contrastante con il canone della buona fede e della correttezza, che rileva non solo sul piano sostanziale e/o procedimentale, ma anche su quello processuale, in particolar modo quando, l’iniziativa processuale sia parcellizzata in una pluralità di giudizi, senza una oggettiva e ragionevole giustificazione.

In altri termini, il dovere di buonafede e correttezza di cui agli articoli 1175, 1337,1366 e 1375 del codice civile, oltre ad essere un criterio per valutare la condotta delle parti nell’ambito dei rapporti obbligatori e/o procedimentali, è un canone utilizzato per individuare i limiti alle richieste e ai poteri dei titolari dei diritti sul piano della loro tutela processuale.

In conclusione, la reiterata proposizione di ricorsi oltre alle non quantificabili eterogenee istanze di accesso documentale, ha determinato una violazione dei principi dell’azione amministrativa. In particolare, al buon andamento della azione amministrativa, determinando altresì aggravi procedimentali e finanziari, legati anche alle necessità defensionali della Autorità, al principio del rispetto della non illimitata risorsa-giustizia, funzionale ad evitare un indebito frazionamento della tutela giudiziale, al principio di lealtà e probità processuale, al principio di effettività della tutela e di concentrazione delle decisioni e al principio  di economia (anche extra) processuale.



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