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NUMERO 27 - 01/12/2021

 Per Beniamino

Confesso che pensavo che Iaia, Andrea e ovviamente Beniamino stesso avessero “già dato” con il dolore sofferto per Francesco. E invece eccoci qui riuniti, ancora in questa chiesa, a parlare proprio di lui, di Beniamino.

Ieri sera ho preso in mano il Manuale di diritto dell’ambiente curato da lui con altri suoi colleghi. Alla fine della premessa egli chiede ai coautori di perdonarlo “se anche questa edizione è dedicata a Iaia, Francesco Saverio e Andrea”. Poi c’è una dedica a penna a me, che ho riletto: “A Filippo, con l’amicizia, la stima, l’affetto degli ultimi 30, 20, 10 anni…e poi per i prossimi 10, 20, 30 anni”.

Noi ci conoscemmo nel 1984 in Corte, quando io lasciai il posto di assistente di un giudice costituzionale e lui mi subentrò. Questo giudice, quando mi disse il nome del nuovo assistente, Beniamino, chiosò con un “Io scelgo sempre i migliori”. E Beniamino lo era.

Da allora ci ha legati un’amicizia vera, fatta di stima reciproca, di confidenza, di comunanza di interessi, di comuni origini napoletane (ce ne sono di segni a casa sua). Ma anche di bei giorni di vacanza, soprattutto nella bella casa dell’Argentario, cui era tanto legato, così come alla sua barca a vela. E nelle ricorrenti cene a casa, curate da Iaia.

Il mio amico Beniamino è stato, per tutti, per il Paese, un vero giurista. Professore e Avvocato, ha affascinato tanti studenti ed è sempre stato apprezzato e stimato nelle aule di giustizia, anche in Consiglio di Stato. Una figura di avvocato colto ed efficace nelle difese, ma sempre con quel tratto signorile che lo ha accompagnato in ogni situazione di vita. Per usare un’espressione che apparterrebbe a mia madre: “lo tiene scritto in faccia che è un signore”. Uomo libero di testa e negli studi –come si conviene a un professore di università- ha prestato le sue autonome riflessioni alle istituzioni della politica, nelle numerose volte in cui ne è stato richiesto.

Era un europeista convinto e, quando occorreva, anche un intransigente polemista: ricordo un suo articolo su un giornale dal titolo significativo “L’arroganza del tribunale di Karlsruhe che sgambetta l’UE e favorisce i sovranisti”, a vivace commento di una nota sentenza della Corte costituzionale tedesca.

Teneva a scrivere su quotidiani, lo riteneva uno strumento adatto a diffondere anche tra un pubblico di non addetti le idee in cui credeva.

Ma credo che la sua creatura cui tenesse di più, o comunque tantissimo, era Federalismi. Una geniale intuizione trasformatasi in una grande realtà di notevole spessore scientifico. Io credo di sapere perché ci tenesse tanto: vi si rispecchiava perfettamente. La rivista si occupa e si interessa di tutto, ma sempre con rigore scientifico; e Beniamino è sempre stato curioso intellettualmente, oltre che convinto della interconnessione dei saperi e della interconnessione dei fenomeni mondiali. E così nella rivista mette insieme esperienze, dottrina e giurisprudenza nazionale, europea, ma anche delle Corti africane o di giuristi d’oltreoceano.

Nel giugno del 2019, volle che io tenessi la “Prima lezione annuale di Federalismi”, sul ruolo delle Corti nell’ordinamento europeo, a inaugurare l’ennesima iniziativa della “sua” Rivista. Ne parlammo prima e ne discutemmo dopo. Ma soprattutto ci “divertimmo”, lui e io, in una intervista che volle farmi l’anno dopo, sempre su Federalismi, dandoci ovviamente del lei. Il suo incipit fu. “Caro Presidente, facciamo parte di una generazione che ha iniziato a frequentare il foro della giustizia amministrativa quando ancora eravamo pochi, giudici, avvocati, giovani docenti e ci conoscevamo tutti perché avevamo studiato nelle stesse aule, sugli stessi testi, con gli stessi Maestri.; oggi, siamo tantissimi….E non c’è più quella comunanza scientifica che ci accompagnava una volta”. Suonava un po’ nostalgico, “passatista”, come lui stesso ammetteva, ma coglieva nel segno quando sottolineava quanto fosse fondamentale, per la cultura e la scienza giuridica, che si creasse una comunanza, espressione di una comunità, in cui lui ha sempre creduto.

A tanti di noi mancheranno le telefonate con lui, i messaggini in cui si alternavano scritti, vignette, commenti su tutto, inviti a pranzo. Avrei voluto vederlo a cena a casa qualche settimana fa; ma all’ultimo momento non se la sentì.

Al Paese e alla comunità scientifica mancherà un uomo di valore, come pochi. Però abbiamo avuto il privilegio di averlo, di ascoltarlo, di conoscerlo e frequentarlo. E dobbiamo essere contenti per questo, più che tristi perché si è allontanato. E la memoria in noi di lui lo farà vivere ancora, perché la memoria tiene in vita le persone, come ammoniva Foscolo. A Iaia e Andrea, ai familiari tutti, mancherà tanto, ma Lui e Francesco continueranno a vivere in famiglia.

Io ho avuto il privilegio di averlo per amico. E così lo conserverò.



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