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NUMERO 34 - 28/12/2022

 Omelia in occasione del primo anno della chiamata in cielo di Beniamino Caravita

Ripartirei da dove ci siamo lasciati un anno fa, da quella luce gentile, cui avevo fatto riferimento, citando Newman, che hanno rappresentato nella vita di Iaia e Andrea, e di tutti noi, Francesco e Beniamino: due luci “gentili” che portano alla Luce vera che illumina tutti gli uomini, quella della Resurrezione di Cristo, del Dio cristiano, il Dio della vita, il Dio dei viventi.
In questa cornice noi celebriamo questa Eucaristia, ad un anno dalla chiamata al cielo di Beniamino: la luce di una Resurrezione che non toglie il dolore, ma tenta di fare chiarezza sulla confusione legittima di un anno fa, condizionata dall’inspiegabile mistero di una vita interrotta!
Nulla è tolto, tutto è riconsegnato in una forma spirituale – dei sensi dell’anima – non meno forte e presente, e in una prospettiva di Fede cristiana che legge sapienzialmente i segni dei tempi e i nostri accadimenti, né alla luce di un ingenuo fideismo, né tantomeno, nella disperazione buia e totale.
Ad un anno di distanza, servono piuttosto risposte “profetiche” che aprano alla speranza frutto di una intelligenza libera ed illuminante (torno alla “luce”) della Parola di Dio.
“Sapete che il Regno di Dio è vicino”, recita la Scrittura questa sera. Beniamino ce lo annuncia non solo perché è andato lì a vedere “la Carta Costituzionale del Paradiso”, ma perché lui stesso è stato, ed è, simbolo di questa fatica liberante della Profezia.
Beniamino è certamente una persona che si è messa in gioco e che ha vissuto la vita integrandola, con la sua intelligenza speculativa, libera e provocatoria; con il suo orizzonte ermeneutico aperto e volto sempre al futuro, con la sua visione prolettica delle situazioni e dei tempi, con le sue risposte inedite, originali e quindi profetiche, soprattutto rivolte ai giovani e ai suoi allievi, interlocutori privilegiati con i quali e per i quali apriva sempre sentieri nuovi e inesplorati. È allora sull’esempio di Beniamino, che sentiamo ancora tanto vicino, possiamo dire che siamo feriti ma non uccisi, tristi ma non senza speranza.
Il Profeta – nell’omelia delle esequie dello scorso anno ho parlato di libertà profetica, riferita proprio a Beniamino – non è sempre capito, è spesso scomodo, ti induce a pensare in profondità, ti obbliga a vedere ciò che non riesci a scorgere; non vuole imporre le proprie idee ma esprime con semplicità ciò che ha compreso nella riflessione e nello studio personale.
Il Profeta è ad un tempo soggetto singolo e collettivo, altra caratteristica “luminosa” di Beniamino che è quella di essere stato un Uomo costruttore di comunità: credeva nella forza della comunione, mettendo in gioco la propria umanità in relazioni capaci di dibattito, confronto e ricerca, di quelle risposte che danno senso alla vita, perché seguono le domande che sorgono dalla vita stessa: quale?
Quella eterna, quella che Beniamino e Francesco stanno pienamente vivendo insieme, uno accanto all’altro, abbracciati insieme, in un Amore infinito che li avvolge, quello di Dio del quale, ne sono certo, vogliono far partecipi anche Iaia e Andrea, e tutti noi, qui e in questa Eucaristia, come una carezza di Dio che consola la nostra anima.

don Andrea



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