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NUMERO 8 - 05/04/2023

 Ricordo in occasione del primo anniversario della scomparsa di Beniamino Caravita

Beniamino, è passato un anno. Noi siamo un po' diversi, tu resti lo stesso.
Oggi per la prima volta da 21 anni, da quando mi hai dato un microfono in aula all’università e mi hai chiesto di parlare agli studenti, parlo in pubblico leggendo per controllare l’emozione.
Sei rimasto quello che sei, l’innovatore appassionato o piuttosto l’appassionato innovatore che è stato nelle vite di molti. Tanta della paziente attività di levigatura di quella pietra grezza che ti si è presentata davanti alla Sapienza tanti anni fa porta i segni indelebili del tuo lavoro; li sento addosso ogni giorno. Non saprei se sei prima un innovatore o prima un appassionato. L’ordine delle parole significa scegliere di volta in volta se iniziare mettendo in risalto la tua tensione verso il bello, il nuovo, l’inesplorato, l’inedito, il rischioso e il sorprendente oppure la tua dedizione al ricercare, scoprire, capire, confrontarsi, convincere e convincersi anche del dubbio, soprattutto del dubbio, insieme agli altri.
Gli altri e il dubbio, questo è il materiale informe nelle mani di ogni innovatore e di ogni appassionato. Per troppi l’altro costituisce semplicemente un limite, per te l’altro è una straordinaria opportunità, non un muro davanti al quale fermarsi e magari tornare indietro, né da abbattere, ma un mattone per costruire, salirci sopra e vedere oltre. Si è migliori con l’altro, ci si può tuffare ovunque grazie all’altro. Sedotto dall’incontro del diritto con le altre scienze perché trampolini nuovi che proteggono dalla noia degli esercizi autoreferenziali, perché luoghi dell’altro.
È intorno all’altro che brilla quella tua luce particolare. Con tutto ciò che ciò comporta. Molti si spaventano quando riconoscono quelli come te. Tu metti avanti il dubbio e lo presenti come un amico di vecchia data quando per molti il dubbio è invece un mostro da tenere lontano, magari nascosto nelle finzioni dei riti sociali. Pensa che effetti dirompenti in un mondo di riti stantii come certe istituzioni, certa politica, certa accademia giorno dopo giorno ci propinano.
È così che per molti sei un liberatore, uno che ha bussato alla porta, è entrato e ha detto davanti a tutti meglio e a voce più alta quante volte un re qualunque fosse nudo scatendando quell’amore profondo che non viene da un favore, ma che lega le persone nella complicità intellettuale; una cosa straordinaria che alcuni non hanno mai il privilegio di conoscere nella vita. Al tempo stesso per altri sei per questo un problema, un pericolo, un drammatico elemento di instabilità.
Quando nel 2001-2003 iniziammo con federalismi.it, qualcuno ci diceva che gli articoli pubblicati non avevano valore scientifico e nei concorsi erano carta straccia, pur non essendo di carta. Poi il cambiamento come un’onda ha ridisegnato la scena e quello che per te era chiaro prima è divenuto evidente a tutti, anche a quelli della carta straccia che intanto hanno fondato riviste giuridiche on line e sono impegnati a cercare di essere collocate in fascia A. Essere profeta come dice Don Andrea.
Dopo aver portato il dubbio per mano nei meandri del diritto, passeggiando nella scienza giuridica con la curiosità di un bambino felice e la profondità di un saggio erudito, hai anche osato l’impossibile proponendo ai colleghi di posizionare il dubbio nel cuore del tempio candidandoti a guidare l’associazione italiana dei costituzionalisti, non riuscendo nella totalità dell’impresa per un solo voto. Ma riuscendo in realtà a contaminare. Ci scrivemmo quella sera che andava bene lo stesso: le parole, figuriamoci, ci danno anima e persino da mangiare, ma noi siamo soprattutto altro, siamo le battaglie che facciamo. Comunque vadano.
E’ bello e faticoso vivere con te. Tu svuoti la vita degli altri, non la riempi. Non perché dai mille cose da fare a tutti disegnando sentieri che è impossibile non imboccare. Ma perché svolgi quella fondamentale attività che disegna il tratto decisivo del vero docente, del vero uomo di comunità: non riempire vuoti, ma crearli affinché ognuno davanti allo spazio senza contenuti possa prodigarsi a gestirli e chiuderli puntando su sé stesso.
Ami gli altri quando seguono il volo, lo slancio, il flash, l’idea con i quali gli proponi di andare oltre il già detto e stradetto. Ma ami gli altri anche quando non ti seguono e quella durezza comunicativa che ogni tanto ti imputano è semplicemente passione che i destinatari non riescono sempre a leggere.
Continua a stare con noi Beniamino, perché qui gli innovatori appassionati scarseggiano tanto quanto gli appassionati innovatori e la complessità imperterrita avanza. E magari Beniamino continua, semplicemente, a suggerirci come si fa.
Che la morte ci trovi vivi, vivi e liberi come te.



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