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NUMERO 8 - 05/04/2023

 La mia memoria di Beniamino (25 novembre 2022)

Roma, 25 novembre 2022

La mia memoria di Beniamino

 

Dopo il ricordo dello studioso che ho consegnato nell’Introduzione agli atti del Convegno annuale 2022 dell’Aidambiente, oggi è la volta della mia personalissima memoria di Beniamino come Maestro e come Amico: non ricordi, destinati a rimanere confinati in una dimensione inesorabilmente passata e magari nostalgica, ma la memoria, ossia ciò che di Lui è vivo e presente, oggi, nella mia persona.

In primis, il Maestro.

Beniamino ha svolto un ruolo fondamentale nel mio percorso accademico e nella mia formazione di studioso per quasi un trentennio, a partire dall’aprile 1992 quando gli fui “affidato” dal mio primo maestro, Stefano Grassi, che mi aveva invitato ad andare a trovarlo a Perugia nell’occasione di un convegno, perché la mia ricerca di dottorato avrebbe dovuto affrontare le tematiche della tutela dell’ambiente nella prospettiva del diritto costituzionale e Beniamino, già all’epoca, di quegli studi era riconosciuto come l’indiscusso pioniere.

Ne nacque un rapporto per me fecondissimo di spunti, di insegnamenti, di opportunità e di visione prospettica, alimentato con il metodo “tipico” e “naturale” di Beniamino: non la relazione gerarchica o cattedratica, ma il coinvolgimento pieno nelle sue iniziative e nelle sue attività scientifiche e accademiche, all’interno di una dimensione “di squadra” in cui si camminava e progrediva insieme, giovani e meno giovani, ciascuno con i propri apporti, con i propri bagagli formativi e con le proprie sensibilità culturali e scientifiche.

Furono, questi, gli anni di una delle esperienze per me più significative per la maturazione degli studi che mi condussero al primo ingresso nell’Accademia, da ricercatore, nel 1997. Fui coinvolto, infatti, nell’Osservatorio permanente sulla giurisprudenza costituzionale che Beniamino aveva attivato quale componente della Direzione della Rivista Giuridica dell’Ambiente e che lo aveva portato a radunare alcuni dei suoi allievi storici assieme ad altri più giovani progressivamente arruolati, con l’apertura e la predisposizione di un vero talent scout, proprio allo scopo di monitorare stabilmente l’evoluzione in vivo del diritto costituzionale dell’ambiente e di approfondire e ampliare la sua riflessione scientifica maturata fino ad allora a partire dall’esperienza come assistente di studio presso la Corte costituzionale a supporto del Giudice Aldo Corasaniti tra il 1985 e il 1988.

Qualche anno dopo Beniamino avviò quella meravigliosa e lungimirante – al tempo davvero “futuristica” – avventura che fu (ed è a tutt’oggi) il progetto di Federalismi, nel quale ebbi l’onore di essere coinvolto fin dalla prima “idea” e poi, da subito, nel Comitato di Direzione. Un progetto che, oltre ad aprire le porte a una rivoluzionaria (per l’epoca, ma poi divenuta predominante e insostituibile) modalità di diffusione del pensiero scientifico tramite la rete, rivelò alcune delle più straordinarie e, al contempo, assolutamente peculiari qualità del Maestro, che ne costituiscono senz’altro il lascito più importante e incancellabile per chi, come me, ha avuto la fortuna di “viverlo” all’opera: la curiosità insopprimibile e inappagabile, che ne faceva un grandissimo osservatore e interprete della realtà in tutte le possibili sfere (istituzionale, sociale, tecnico-scientifica e transnazionale); la “coltura” dei giovani, pazientemente finalizzata alla loro maturazione e allo sviluppo delle doti, delle qualità e dei percorsi di ciascuno; la “cultura” quasi ossessiva del pluralismo delle idee e delle persone, che si traduceva nell’osservanza rigorosa – e addirittura quotidiana – del metodo del confronto dialettico tra diversi come strumento indispensabile e insostituibile per l’elaborazione del pensiero e per il progresso intellettuale e scientifico.

Fin qui il Maestro. E farne memoria, per me, significa non solo ricordare il punto di riferimento e la guida che mi ha accompagnato, prima come giovane in formazione e poi come studioso del diritto pubblico e costituzionale, ma rendere vivo il modello che oggi ho di fronte e che mi porto dentro: un modello – decisamente irraggiungibile – di impegno, di passione, di dedizione, di cultura, di metodo, di apertura mentale, di senso delle istituzioni, di visione prospettica, di consapevolezza delle sempre maggiori complessità che caratterizzano l’oggetto dei nostri studi e che impongono, al tempo stesso, fondamenta scientifiche rigorose, interdisciplinarietà, equilibrio e pragmatismo, affinché le riflessioni degli studiosi sappiano sempre offrire alle istituzioni pubbliche soluzioni effettivamente praticabili all things considered.

Dopo il Maestro, Beniamino è stato anche l’Amico.

Nell’ultimo decennio, infatti, il nostro rapporto si era decisamente incanalato nei canoni dell’amicizia più autentica, che oltrepassava la reciproca stima accademica e professionale e che aveva progressivamente assunto i tratti di una relazione personale fatta di grandissima umanità, di lealtà, di franchezza, ma anche di quella confidenzialità – talora quasi sorprendente – che segna lo spartiacque tra i rapporti di “lavoro” e i rapporti di “vita”. Una telefonata anche al volo, un caffè, un consiglio, la condivisione di una preoccupazione, la richiesta di una mano …!

Qui la memoria di oggi non riesce a nascondere la nostalgia e il rammarico per l’Amico che è venuto a mancare. Troppi i ricordi e il senso di vuoto che lasciano nel presente. Rimane viva, però, la ricchezza inestimabile che quell’amicizia ha saputo donarmi e che Beniamino, ancora una volta da par suo, mi ha “insegnato” e “guidato” a vivere senza calcoli, senza pregiudizi e senza risparmio.

 

Marcello Cecchetti

 



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