Le trasformazioni epocali a cui stiamo assistendo di diversa portata e natura (da quelle geopolitiche a quelle indotte dal processo di integrazione europea) richiedono decisori politici che sappiano elaborare e attuare politiche pubbliche di lungo respiro, che sentano la responsabilità di portare a compimento il programma in ragione del quale il corpo elettorale li ha votati. Infatti le grandi sfide delle società contemporanee (globalizzazione, transizione al digitale, riconversione ecologica) richiedono progettualità di lungo periodo: gli obiettivi economici e quelli politici hanno orizzonti temporali diversi e in questo senso occorre che i governi si assumano la responsabilità politica di perseguire politiche pubbliche di lunga gittata temporale rinunciando ai “dividendi elettorali” di breve periodo. La nostra storia repubblicana ha fino ad ora registrato una narrazione che va in un senso diverso. Dal secondo dopoguerra ad oggi l’instabilità politica ha connotato, infatti, il sistema politico italiano. Seppur con caratteristiche diverse nelle varie fasi della storia repubblicana i governi che si sono succeduti, eccetto rare eccezioni, non sono quasi mai durati quanto la legislatura: e se nel parlamentarismo compromissorio i governi avevano una durata media di un anno, non è andata molto meglio nel parlamentarismo maggioritario in cui la durata è stata maggiore, ma le anomalie registratesi non sono state da meno se pensiamo ai numerosi governi formatisi non a seguito di consultazioni elettorali, ma solo per superare emergenze di vario tipo e comunque il più delle volte al di fuori di qualsiasi passaggio elettorale. Le disfunzioni che questo porta con sé non hanno ricadute solo sul piano interno, ma sono destinate a influire sul piano sovranazionale e internazionale... (segue)