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Pres. R. Pupilella; Est. R. Gisondi - Paolo Inghirami (difeso dall’avv. Riccardo Farnetani) contro Protos S.p.A. (non costituita in giudizio)
Accesso civico – accesso dei Consiglieri comunali – differenze e finalità - art 43 co. 2 del T.u.e.l. – clausole di riservatezza – diniego – interessi commerciali - fondatezza del ricorso
Il ricorrente, in qualità di membro della Commissione per il controllo analogo, avanzava istanza di accesso nei confronti della GAIA S.p.a. (società a capitale interamente pubblico) avente ad oggetto una serie di documenti inerenti gli incarichi di consulenza nel settore legale- finanziario conferiti dalla Società intimata. Tuttavia, dinanzi al diniego reso dall’Ente fondato su esigenze di riservatezza di cui all’art 43 co. 2 del T.u.e.l., il ricorrente ha agito in giudizio.
La questione in esame verte sull’analisi dei rapporti esistenti tra l’istituto dell’accesso civico espressione del principio di trasparenza e l’accesso previsto per i Consiglieri comunali ex art 43 T.u.e.l.
Gli istituti citati, infatti, essendo soggetti ad un diverso regime giuridico in quanto preposti a finalità differenti, possono concorrere tra di loro. Nello specifico, mentre l’accesso richiesto dai Consiglieri comunali è volto a consentire l’espletamento del loro mandato politico-amministrativo con conseguente obbligo di riservatezza sulla documentazione ottenuta per ragioni d’ufficio, viceversa, l’accesso civico in quanto preposto alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, può essere esercitato da “chiunque” senza il limite del riserbo a cui fa riferimento l’art 43 co. 2 T.u.e.l.
Alla luce di simili osservazioni, è evidente come nel caso di specie non rilevino particolari esigenze di riservatezza tali da precludere l’ostensione della documentazione richiesta. L’apposizione di clausole di riservatezza all’interno di contratti di consulenza volte a tutelare determinati interessi economico-commerciali, infatti, non costituisce di per sé un limite all’esercizio del diritto di accesso.
Ciò posto, dunque, non avendo la Società resistente opportunamente motivato le ragioni del proprio diniego indicando i possibili pregiudizi derivabili dalla conoscenza dei contratti richiesti, il Tar - investito della questione - ritiene il ricorso fondato e, di conseguenza, condanna l’Ente all’ostensione della relativa documentazione in ossequio al principio di buona fede che impone l’osservanza di un reciproco dovere di collaborazione tra le parti.
G.FILISI