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FOCUS - Territorio e istituzioni N. 7 - 07/03/2025

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 91 in tema di bilancio e contabilità pubblica, bilancio degli enti locali dissestati, ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, presentazione da parte del consiglio comunale al Ministro dell’interno

Corte costituzionale, Sentenza. n. 91/2025[1]

(In G.U. Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 27 del 2 luglio 2025)

La mancata approvazione dell’ipotesi di bilancio in riequilibrio dell’ente in dissesto da parte del Consiglio costituisce ragione legittimante del suo scioglimento anche in assenza di garanzia procedimentale di tipo sollecitatorio”.

Il dispositivo

Con la sentenza in epigrafe la Corte ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 5, 51, 97 e 114 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale (Tar) per la Campania, sezione prima.

I termini della questione

Il Tar Campania rilevava come fosse “difficilmente comprensibile l’equiparazione della mancata presentazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato al compimento di atti contrari alla Costituzione o a gravi e persistenti violazioni di legge [così come prevede l’art. 141, comma 1, lett. a), della l. n. 267/2000] mancando(da parte del Consiglio comunale), da un lato, la volontà preordinata a disattendere le norme fondamentali dello Stato e, d’altro lato, difettando (nella specie) il connotato di un operato che connotabile per la gravità e persistenza del comportamento negativo od omissivo dell’Ente locale”; sicché - aggiunge il Tribunale rimettente – sarebbe “maggiormente consono all’ordinamento degli enti locali (implicante il rispetto dell'autonomia dell'ente esponenziale della comunità amministrata) l’ammissibilità del potere sollecitatorio del Prefetto, ai sensi dell'art. 141, comma 2, del T.U.E.L.”, che fa riferimento alla disciplina riguardante l’ipotesi di cui all’art. 141, comma 1, lett. c), e cioè quando, da parte dei consigli comunali e provinciali, “non sia approvato nei termini il bilancio” e non all’ipotesi di cui all’art. 141, comma 1, lett. a. Sicché - nella prospettazione del rimettente -, la prefigurazione di un termine perentorio e l'assimilazione del suo mancato rispetto agli atti contrari alla Costituzione, alle gravi e persistenti violazioni di legge o a motivi di ordine pubblico (art. 141, comma 1, lett. c) non sarebbe giustificabile, denotando l’irragionevolezza delle norme censurate, per contrasto con la necessità di regolare in maniera uguale situazioni simili, giustificandosi la diversità di disciplina solo in presenza di situazioni differenziabili. Conclude il giudice rimettente nel senso che, in tal modo, risulterebbero violati “il principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione e la necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, ex art. 97 della Costituzione, in ragione della ritenuta irragionevolezza della norma, che non trova intrinseca giustificazione e diverge dallo scopo che occorre perseguire, nel rispetto dell'autonomia locale”. Per quanto considerato, le norme indicate risultano ulteriormente censurate laddove, impedendo la prosecuzione dello svolgimento delle funzioni del consiglio comunale eletto e l'espletamento del mandato dei consiglieri, si porrebbero in contrasto con l'esigenza di tutela delle autonomie locali (articoli 5 e 114 della Costituzione) e con il diritto di ogni cittadino di accedere alle cariche elettive e di conservarle (art. 51 della Costituzione).

Le soluzioni adottate dalla Corte con la sentenza n. 91/2025

La Corte ha risolto le predette q.l.c. ritenendo: a) la “non irragionevolezza” (art. 3 Cost.) della norma, in quanto i) “sarebbe difficile ipotizzare di poter fare affidamento su un’amministrazione che è già ripetutamente venuta meno gli impegni assunti con il mandato elettorale”; ii) la non percorribilità dell’assimilazione della formazione del bilancio stabilmente riequilibrato all’ipotesi del bilancio dell’ente in bonis, poiché si tratterebbe di ipotesi “ontologicamente” diverse; b) la non sussistente lesione del “principio del buon andamento” (art. 97, secondo comma, Cost.), poiché “un consiglio comunale che non sia in grado di predisporre un progetto di bilancio in equilibrio non garantisce il buon andamento della p.a.”; c) il rispetto della garanzia del principio dell’autonomia (artt. 5, 114 Cost.), poiché la disposizione oggetto di scrutinio è “posta anche a salvaguardia di parametri (artt. 81, 97 e 119 Cost.) funzionali all’osservanza dei vincoli” eurounitari; d) la mancata lesione della “responsabilità di mandato” (art. 51 Cost.), in quanto “[l]’incuria che conduce al dissesto degli enti territoriali interrompe […] il legame fiduciario che caratterizza il mandato elettorale e la rappresentanza democratica degli eletti”.

Osservazioni e punti di criticità

Nonostante non risulti esplicitamente evocato dal rimettente, per correttamente inquadrare l’apparente complessità della questione, occorre muovere da un parametro non esplicitamente citato dal giudice rimettente, ma che costituisce corollario del sistema autonomistico disegnato dal nuovo Titolo V, Parte II, Cost. Tale parametro, nella questione all’esame, è da individuare nell’art. 120, secondo comma, ultimo periodo, Cost. (le cui linee interpretative sono state tracciate dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza “capostipite” n. 43/2004, punto 4, ult. cpv., del diritto); e non a caso, proprio la Corte, sia pure per incidens, ad esso fa richiamo nella sentenza in commento (punto 5.2. del diritto), senza però che da detta essenziale disposizione, posta a tutela sul piano procedimentale dell’autonomia costituzionale degli enti territoriali (artt. 5, 114 e 119 Cost.), la stessa Corte tragga le chiare conseguenze.

In particolare, il Tar, nella parte motiva dell’ordinanza di rimessione (3.1. del diritto), censura lo scioglimento dell’organo quale conseguenza automatica dello spirare del termine “perentorio”, evidenziando l’assenza delle garanzie di un procedimento sollecitatorio.

Ebbene, sul punto, rimane non chiarita la ragione secondo cui la garanzia procedimentale di un termine sollecitatorio non possa trovare ingresso. Al riguardo, la Corte avrebbe potuto soffermarsi a sciogliere la seguente, palese aporia: per un verso, anche in caso (ad esempio) di pericolo grave per la sicurezza pubblica è necessario apprestare ex lege adeguate garanzie procedimentali a tutela dei princìpi di sussidiarietà e di autonomia (cfr. art. 120, secondo comma, Cost.), per altro verso, nel caso in cui l’ente (come nella specie) abbia comunque redatto il bilancio stabilmente riequilibrato e senza alcuna imputabilità per l’“intempestivo” adempimento entro il termine “perentorio”, le garanzie procedimentali sarebbero “ragionevolmente” non apprestabili.

Quanto all’evocato art. 97, secondo comma, Cost., va anche osservato che proprio lo scioglimento del Consiglio - peraltro, nella specie, nonostante l’avvenuta approvazione del bilancio - costituisce una circostanza che può creare un oggettivo peggioramento delle condizioni di vita del Comune, con ciò ponendosi le premesse per un disattendimento dell’obbligo costituzionale di buona amministrazione (art. 97, secondo comma).

Per ciò che concerne la cd. responsabilità di mandato, va qui sottolineato come l’assimilazione da parte del Legislatore - ai fini dello scioglimento del consiglio comunale - delle due ipotesi della mancata approvazione dell’ipotesi di bilancio in riequilibrio in un ente in dissesto con le fattispecie previste dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 141 t.u. enti locali (inosservanza del termine di presentazione di detta ipotesi) - diversamente da quanto ritenuto dalla Corte - sembra non ragionevole nella misura in cui - come è il caso di specie - il Consiglio comunale abbia dato notizia di aver comunque approvato il riequilibrio del bilancio, sia pure oltre il termine “perentorio”, ma per ragioni ad esso non imputabili[2].

D’altro canto, il prescritto automatismo dello scioglimento di organi di enti territoriali dotati di autonomia costituzionale, come prescrive l’art. 120, sembrerebbe da negare in via di principio, anche nell’esercizio del potere straordinario intestato al Governo di sostituzione dei predetti organi eletti dai cittadini, organi che per definizione rimangono responsabili anche politicamente nei confronti dei cittadini medesimi, laddove il prescritto automatismo sembra andare nella opposta direzione della deresponsabilizzazione dell’Ente.

La pronuncia, statuendo la ragionevolezza dell’assimilazione tra le due fattispecie prima richiamate, sembra costruita non valorizzando, dunque, la decisiva circostanza dell’avvenuta deliberazione dell’ipotesi di bilancio in riequilibrio, che, dal punto di vista del supremo principio della salus rei pubblicae, costituisce il fatto sostanziale cui dare priorità proprio al fine di permettere il raggiungimento degli obiettivi di cui al richiamato art. 97, primo comma, Cost. Ciò anche ai fini della conferma del circuito “obbligo tributario-fruizione dei servizi erogati” per il soggetto inciso, ab immemorabili principio-cardine della democrazia finanziaria (art. 1, secondo comma, Cost.).

Ma anche in base all’evocato art. 97, secondo comma, Cost., merita di essere ribadito che proprio lo scioglimento del Consiglio nonostante l’asserita approvazione del bilancio in equilibrio costituisce una circostanza che può dar luogo ad un oggettivo peggioramento delle condizioni di vita del Comune, con ciò ponendosi le premesse per un disattendimento dell’obbligo costituzionale di buona amministrazione. Il mancato scioglimento vale pure a salvaguardare l’autonomia degli EE.LL. (art. 114 Cost.), richiamata al punto 5.4 del Considerato in diritto, proprio per le considerazioni nel punto evocate. Per entrambi i profili la pronuncia si muove in senso opposto, invece.

In tali considerazioni si collocano peraltro anche i risvolti più precipui di finanza pubblica. Con l’approntamento di un bilancio in equilibrio risulta realizzato, infatti, l’indefettibile presupposto di cui al punto 5.1. del Considerato in diritto, in ordine alla “puntuale e corretta redazione e gestione del bilancio secondo i canoni dell’art. 97, primo comma, Cost., ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. Ma anche per questo aspetto la pronuncia si muove in diversa direzione.

In definitiva, la pronuncia sembra utilizzare, a giustificazione del respingimento del ricorso, argomenti che possono però portare a conclusioni opposte.

 



[1] Per agevolarne la lettura, la sentenza è stata accompagnata da un comunicato stampa.

[2] Sul punto, va rimarcato che il Consiglio non avrebbe potuto approvare un bilancio se non a seguito della presentazione dello stesso da parte della Giunta, che, nella specie, risulta formalizzata entro il termine di tre mesi (28 marzo 2024) dalla nomina dell’organo straordinario di liquidazione (29 dicembre 2023), a seguito della quale il Consiglio del Comune X ha approvato l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (14 maggio 2024, dopo che in data 19 aprile lo stesso Consiglio aveva approvato il Documento Unico di Programmazione 2023-2025).



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