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FOCUS - Territorio e istituzioni N. 7 - 07/03/2025

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 121/2025, in tema di istruzione, formazione professionale, carta docente, beneficiari, estensione ai docenti non di ruolo all’esito della interpretazione della Corte di giustizia

Sentenza del 9 - 22 luglio 2025, n. 121, in G.U. n. 30 del 23 luglio 2025

L’estensione del beneficio della Carta docente al personale non di ruolo: non discende dalla norma di legge ma da pronunce degli organi giurisdizionali.

1. Con la sentenza n. 121 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 121, 123, 204 e 205, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti)[1], così come interpretato dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 27 ottobre 2023, n. 29961, sollevate, in riferimento all’art. 81, commi primo e terzo, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Torino, sezione lavoro.

2. Pur nell’incertezza del petitum delle ordinanze (punto 4.1. del diritto), la Corte ha ritenuto di “ritagliare” la questione nel senso di una richiesta del rimettente di una pronuncia di illegittimità costituzionale delle norme di legge citate per mancanza di copertura degli oneri ulteriori derivanti dall’estensione del beneficio (la Carta docente) anche al personale non docente, tenuto conto del citato pronunciamento nomofilattico della Cassazione (di qui il richiamo agli artt. 81, co. 1 e 3, Cost.).

3. Di qui l’agevole conclusione di non fondatezza della questione in quanto detto onere non discende dalla legge n. 107, di cui il giudice deve fare applicazione, ma da provvedimenti di organo giurisdizionale[2].

4. Tenuto conto della confusa prospettazione del rimettente (pur evidenziata al punto 4.1 del diritto), la Corte non ha però omesso di considerare il richiamo operato nelle ordinanze di rimessione al vincolante effetto derivante dall’ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 18 maggio 2022[3] (in tema di Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo), secondo cui detto beneficio è da ritenere estensibile anche al personale docente non di ruolo (punto 6.2. del diritto).

5. A tale riguardo, la Corte, nell’escludere vizi dell’art. 1 della legge n. 107, ha tuttavia ricordato che le sentenze “che costano” degli organi giurisdizionali (nella specie, quelle derivanti dalle sentenze del giudice del lavoro emesse in esito all’intervento nomofilattico della Cassazione, sent. n. 29961/2023), quanto alla copertura, trovano disciplina nell’art. 17, co. 13, l. n. 196/2009, mentre quelle della Corte di giustizia (nella specie, quelli derivanti dalla citata del 18 maggio 2022), trovano disciplina nell’art. 37, l. n. 234 del 2012, per le pronunce aventi portata erga omnes, quali le sentenze della Corte di giustizia, e nell’art. 14, co. 1, l. n. 669/1996[4]

Con riferimento agli oneri derivanti da “giudicato comunitario”, la Corte nel fare richiamo alle “procedure” di copertura degli oneri, anche in considerazione del petitum in relazione al quale ha ritenuto di esprimersi, non ha inteso indagare se quelle procedure fossero state attivate e con quali esiti, tenuto conto, dell’indubbia sussistenza di nuovi oneri derivanti da detto giudicato comunitario (quelli derivanti dall’estensione del beneficio della Carta elettronica a docenti non di ruolo); né vi è cenno, nella pronuncia, all’eventuale già sussistente “neutralizzazione” di quegli oneri che discendono dalla pronuncia della Cassazione in quanto (in ipotesi) sovrapponibili o meno a quelli da “giudicato comunitario”, che, in tesi, avrebbero dovuto trovare copertura nell’ordinamento nazionale sulla base della richiamata disposizione di cui agli artt. 37 della legge n. 234 del 2012; più enigmatico è il richiamo, operato dalla Corte all’art. 14 della legge n. 669 del 1996[5].

5. Rimane sullo sfondo una più rilevante questione, e cioè la tendenza dell’introduzione di nuovi oneri a “componente giudiziaria”, segnatamente, stante la portata erga omnes delle stesse, quelli previsti da sentenze della Corte costituzionale ma anche della Corte di giustizia (le cd. sentenze “che costano”), in considerazione della diretta efficacia nel nostro ordinamento delle statuizioni della Corte UE[6]. Pronunce queste ultime per le quali andrebbe anche chiarito se, come per le sentenze additive della Corte costituzionale (o comunque creative di nuovi oneri finanziari), gli effetti onerosi dalle stesse prodotti spieghino o meno analoghi effetti “retroattivi”.

Quella riguardante la portata degli effetti delle sentenze “che costano” rimane questione complessa e, allo stato, non compiutamente affrontata soprattutto in considerazione degli obblighi sempre più stringenti cui sono tenuti gli Stati membri in relazione alle nuove regole fiscali europee.



[1] Relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre - dicembre 2015, n. 15/SSRRCO/RQ/15.

[2] Sulla base del ragionamento seguito dalla Corte, che, nella sostanza, rileva l’erroneo presupposto interpretativo da cui muove il rimettente e cioè la sussistenza (invece esclusa dalla Corte), nella norma, dell’onere derivante dall’estensione del beneficio di cui al comma 121 del citato art. 1 anche al personale non docente (e non a caso, non risulta evocata la violazione dell’art. 3 Cost.) il dispositivo avrebbe potuto consistere anche in una pronuncia di inammissibilità, proprio perché l’onere non discenderebbe, secondo la Corte, dalla norma oggetto di scrutinio, ma appunto dalla pronuncia del giudice. Infatti, una volta escluso che l’onere non deriva dalla legge n. 107, bensì da una interpretazione nomofilattica della Cassazione, per il profilo della copertura, la legge non viene in gioco e dunque la questione avrebbe potuto ritenersi non rilevante ai fini del decidere, essendo giudice a quo caduto in un erroneo presupposto interpretativo delle norme.

[3] Secondo cui «[l]a clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione e del merito, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno (la Carta elettronica, appunto).

[4] Entrambe le disposizioni sono citate al punto n. 6.2 del diritto.

[5] Quanto alla disposizione di cui all’art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, conv., con mod., dalla l. n. 30/1997, la Corte non offre puntuali spiegazioni circa la pertinenza di detto richiamo, riguardando, in generale, procedure esecutive per il recupero, in via esecutiva, di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni, quando, invece, la questione attiene alla copertura di oneri introdotti per effetto di pronunce di organo giurisdizionale.

[6] Corte cost., sentt. n. 227/2010; n. 284/2007; 113/1985.



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