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NUMERO 11 - 28/05/2008

 Nota: Difficoltà nel computo dei delegati nelle primarie USA 2008

Fra le non poche peculiarità che hanno caratterizzato la gara delle primarie Usa 2008, una – e non la minore – è stata quella concernente il computo dei delegati democratici assegnati nelle varie fasi della corsa. Come infatti è stato da più parti evidenziato, non vi sono stati finora due media internazionali che abbiano riportato lo stesso risultato: il che, in una contesa aperta com’è quella attuale, ha provocato talora imbarazzo e difficoltà nei commentatori e negli osservatori della politica statunitense (per fare un esempio familiare: ancora vari giorni dopo il Super Tuesday era ampiamente dibattuta la questione su chi ne fosse stato il reale vincitore).
Le ragioni di tali divergenze sono essenzialmente due. La prima ha a che vedere con il procedimento di assegnazione dei delegati. Il punto è che mentre nella gran parte dei casi tale procedimento viene svolto automaticamente ed immediatamente al termine delle operazioni di voto, com’è in tutte le normali consultazioni elettorali, vi sono invece taluni Stati (soprattutto, ma non solo, i caucus-States) nei quali il voto dei cittadini è in realtà solo l’avvio di un percorso assai più complesso, composto di varie fasi (convenzioni di contea, convenzioni distrettuali, convenzione statale), solo al termine delle quali vengono finalmente nominati i delegati veri e propri. Propriamente, dunque, fino a che l’intero processo non si sia completato, non è possibile dire con esattezza né chi saranno né per chi voteranno i delegati degli Stati che adottano questa modalità di selezione.
Dal momento però che, nella maggior parte dei casi, è comunque possibile predire con un certo margine di sicurezza l’esito delle convenzioni statali basandosi sulla percentuale di voti ottenuta a livello locale dai singoli candidati, vi sono taluni organi di informazione che scelgono di attribuire sin dall’inizio tali delegati in via presuntiva (così, ad esempio, CNN). Altri, viceversa, preferiscono seguire una politica più prudente e lasciano pertanto tali Stati provvisoriamente privi di delegati (così, ad esempio, The New York Times).
Il secondo, ben più famoso problema è quello dei cosiddetti superdelegati, cioè di quei membri di diritto della Convenzione democratica che, non essendo scelti in virtù o in funzione di alcun candidato, sono liberi di votare per chi preferiscano e possono cambiare idea fino all’ultimo momento. Il punto, anche in questo caso, è che se è vero che i superdelegati non sono formalmente ascritti ad alcun contendente, e dunque dovrebbero essere tenuti fuori dal computo dei risultati, è pur vero che sovente essi decidono di dichiarare la propria affiliazione verso questo o quel campo assai prima della Convenzione: di conseguenza, gli organi di stampa compiono periodici surveys dello stato di tali affiliazioni e modificano coerentemente il proprio conteggio dei delegati.
Il quadro che deriva dall’interagire di questi due aspetti è piuttosto complesso: ecco perché se ne riporta uno schema di sintesi che vuole essere d’aiuto per il lettore che si interessi della questione. Come si vede, per ciascun candidato: la prima colonna riporta il numero di delegati già assegnati in via ufficiale; la seconda colonna riporta il numero dei delegati ufficialmente non ancora assegnati, ma sulla cui assegnazione non si hanno concreti dubbi; la terza colonna riporta il numero dei superdelegati che hanno dichiarato il loro appoggio. Ci si augura in questo modo di aver offerto al lettore uno strumento utile, ancorché meramente compilativo, per orientarsi in questo peculiare meccanismo.
 
 



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