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NUMERO 6 - 24/03/2010

 Barack H. Obama ce l’ha fatta: la riforma sanitaria è legge

Barack H. Obama passerà alla storia come il terzo presidente degli Usa che ha approvato un provvedimento legislativo, in senso stretto, sensibilmente modificativo dell’organizzazione sanitaria americana, soprattutto in termini di allargamento della fascia assistita. Certamente il provvedimento più organico, dopo quello che ha istituito nel 1965 i programmi pubblici (Medicare e Medicaid), dal momento che stravolge complessivamente il sistema, mettendo in discussione il paradigma sul quale la sanità del suo Paese è da sempre improntata. Mi riferisco alla cosiddetta “assistenza assicurativa”, gestita e garantita dalle grandi compagnie private statunitensi attraverso le polizze dalle stesse negoziate.
 Nella serata del 21 marzo 2010, la Camera dei Rappresentanti Usa, in una seduta magistralmente condotta dalla speaker Nancy Pelosi - che ha utilizzato, per sancirne l’approvazione, lo stesso maglietto istituzionale usato nel 1965 dal suo omologo J. Dingell per “battere” il sì della Camera Bassa al programma di assistenza agli anziani e disabili, denominato Medicare -, è quindi accaduto che Barack Obama ha condotto in porto la sua idea di sanità. Tutto questo dopo oltre settanta anni di storia democratica ideologizzata in tal senso, ove:
-                     Franklin D. Roosevelt ebbe ad insediare, negli anni ‘30/40, nell’ordinamento Usa la cosiddetta Social Security;
-                     John F. Kennedy ebbe ad ideare, nel 1960, i programmi di protezione sociale;
-                     Lyndon Johnson ebbe ad istituire, nel 1965, i programmi Medicare e Medicaid;
-                     Jimmy Carter ebbe a tentare vanamente, nel 1976, l’istituzione di un’assistenza sanitaria universale;
-                     Bill Clinton ebbe ad esperire, nel 1993, pressanti tentativi per l’estensione del diritto alla salute attraverso un ridimensionamento del sistema assicurativo privato basandosi sul modello National Haid Service;
-                     John Kerry ebbe a registrare, nel 2004, una sonora sconfitta elettorale contro George W. Busch imperniando la propria campagna elettorale sul tema della estensione del diritto alla salute.
 Un risultato, quello ottenuto dal neo-Presidente, francamente un po’ ridimensionato nei contenuti specifici rispetto alle originarie sue aspettative, dal momento che dal testo condiviso è scomparsa la cosiddetta public option, ovverosia l’ingresso dello Stato nella gestione diretta della salute dei cittadini americani. Dunque, un “prodotto” legislativo mediato, soprattutto all’interno del gruppo dei democratici, fortemente variegato nel sostenere la portata dei diritti sociali in gioco - primi fra tutti i problemi correlati all’aborto terapeutico - e nel sopportare i possibili incrementi fiscali che ne potrebbero derivare a copertura di maggiori costi pubblici, nei confronti dei quali sono molto sensibili i cosiddetti blue dogs...
(segue)



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