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NUMERO 10 - 20/05/2015

'One Nation, One United Kingdom'. Le elezioni del 7 maggio 2015 e le sfide della nuova legislatura

  “ I want my party, and I hope a government I would like to lead, to reclaim a mantle that we should never have lost - the mantle of One Nation, One United Kingdom”. Con queste parole il Premier Cameron ha commentato, la notte del 7 maggio, la sua vittoria nel collegio di Witney. Tali parole erano fondate anche sui dati degli exit poll e dei primi risultati che iniziavano a pervenire dal resto del Paese e che vedevano i conservatori sorprendentemente vicini alla vittoria. Quelle per la Camera dei Comuni del 7 maggio 2015 erano state definite le elezioni più imprevedibili degli ultimi anni: una definizione confermata a pieno dal risultato che ha smentito tutti i sondaggi, i quali parlavano di un testa a testa tra i due principali partiti, conservatori e laburisti, con la conseguenza di un nuovo hung parliament, dove nessun partito avrebbe raggiunto la maggioranza assoluta, e paventavano addirittura il pericolo di nuove elezioni entro l’anno. Invece, il partito conservatore è riuscito a conseguire la maggioranza dei seggi e Cameron – nel giro di pochi giorni - ha formato il nuovo esecutivo. Il “modello Westminster”, dopo una legislatura atipica, ha così ripreso a funzionare secondo il meccanismo tradizionale dato che gli elettori, attraverso il voto ai Comuni, hanno espresso in modo chiaro l’indicazione per il governo. Potrebbero, allora, essere ripristinati da un canto la preminenza del Primo Ministro nei processi decisionali all’interno dell’esecutivo, con la conseguente riduzione della centralità del Gabinetto che, nella passata legislatura, era stata imposta di fatto dalla presenza di una coalizione al potere; dall’altro il funzionamento classico del principio della responsabilità collegiale di tutti i ministri che, in questi anni, era stato alterato dalla regola dell’agreement to disagree. Questi i risultati elettorali: i conservatori hanno conquistato 331 seggi su 650, 24 in più rispetto al 2010. In termini di voti hanno ottenuto il 36,9%, con un incremento dello 0,8%. Deludente il risultato dei laburisti a cui sono andati 232 seggi (26 in meno rispetto al 2010) e che si sono attestati sul 30,4% dei voti, con un aumento dell’1,5%. Sorprendente il risultato dello Scottish National Party, terzo partito per numero di seggi: ne ha ottenuti 56 dei 59 spettanti alla Scozia, ben 50 in più rispetto alle politiche del 2010. Dato che il voto è territorialmente concentrato, il partito nazionalista scozzese ha ottenuto, in termini di percentuale su scala nazionale, il 4,7% dei voti (3,1% in più del 2010), collocandosi al quinto posto. Discorso opposto per l’Ukip il quale è risultato il partito che ha maggiormente subito gli effetti distorsivi del first past the post: pur classificandosi come terzo per numero di voti (12,6%, con un incremento del 9,5% rispetto al 2010) ha guadagnato un solo seggio; alle precedenti elezioni del 2010 non aveva ottenuto seggi, ma era riuscito a mandare i suoi primi rappresentanti in Parlamento vincendo due by elections, nell’ottobre e nel novembre 2014; si trattava di due deputati conservatori che erano passati al partito di Farage per protestare contro la politica del leader Cameron. Drammatico, poi, il risultato del partito liberal democratico di Clegg che ha perso 48 seggi rispetto alle precedenti consultazioni ed è riuscito a mantenere solo 8 deputati (ha ottenuto il 7,9% dei voti, con una riduzione del 15,2% dei consensi). Confermato un seggio per i Verdi. I dati appaiono sotto un’altra luce se disaggregati a livello territoriale. In Inghilterra, ad esempio, i due partiti principali hanno entrambi conosciuto un incremento rispetto al precedente risultato: il Labour Party è riuscito ad ottenere 15 seggi in più rispetto al 2010 (con un incremento del 3,6% dei voti) e i conservatori 21 seggi in più (+1,4% di voti). In Galles il partito laburista si è confermato il primo partito (+0,6% di voti) con 25 seggi, uno in meno del 2010, mentre i conservatori hanno ottenuto 11 seggi (3 in più del 2010) e il Plaid Cymru ha mantenuto i 3 seggi che aveva. In Irlanda del Nord, poi, non si sono registrati decisivi cambiamenti rispetto al 2010: qui il sistema partitico è diverso da quello nazionale e il Democratic Unionist Party ha mantenuto i suoi 8 seggi, 4 sono stati assegnati al Sinn Fein (1 in meno del 2010), il Social Democratic & Labour Party ha tenuto i suoi 3 seggi, 2 sono andati all’Ulster Unionist Party che non aveva rappresentanti e 1 a un candidato indipendente.La vera sconfitta dei laburisti è stata, quindi, in Scozia, fino ad oggi sua indiscussa roccaforte: il partito ha perso 40 seggi dei 41 che aveva e lo stesso leader dello Scottish Labur Party, Jim Murphy, non è stato in grado di vincere nel suo collegio. Pochi giorni dopo le elezioni Murphy ha annunciato le sue dimissioni dalla leadership. La nuova Camera dei Comuni, che si è insediata il 18 maggio, è composta da 191 donne (38 in più rispetto alla passata legislatura). L’affluenza alle urne è stata del 66,1%, un dato lievemente superiore rispetto a quello registrato nel 2010 (65,1%). Quando ancora lo spoglio non era del tutto completato, Cameron si è recato dalla regina Elisabetta, mentre Ed Miliband ha rassegnato le sue dimissioni da leader del partito laburista, assumendosi la piena responsabilità della sconfitta elettorale ed augurando al suo partito di trovare al più presto una nuova guida. Si sono immediatamente dimessi dalla leadership del loro partito anche Nick Clegg e Nigel Farage: tuttavia quest’ultimo - che non è riuscito a vincere nel collegio dove era candidato – ha ritirato le sue dimissioni dopo che le stesse erano state respinte all’unanimità dall’Ukip, suscitando però diverse polemiche... (segue)



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