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NUMERO 25 - 18/12/2013

Costituzionalisti e popolo

Non si può certo aspirare a dare in via sommaria una costruzione del complesso scenario che si è andato configurando. Ma mettere in campo alcuni dei temi che in esso sono emersi o che sono implicati, e indicarli come meritevoli di attenzione, questo sì pare obiettivo da proporre e da coltivare, se si vuole che l’acqua ritorni limpida, poiché il tumulto torrentizio di molte discussioni in questi mesi ha sollevato troppi detriti e può offuscare la visione chiara delle cose di cui v’è bisogno. Ancora preliminarmente, un’actio finium regundorum: la discussione riguardi i costituzionalisti (e i giuristi che guardano al costituzionalismo), poiché molta disutile virulenza di accenti è venuta da quanti hanno ammantato la propria polemica politica di costituzionalismo immaginario, intessuto di analfabetismo funzionale, originario o di ritorno. Non sembri questa una forma di  aristocratica iattanza: occorrerà pur accennare ai fattori che minacciano di erodere lo statuto teorico del diritto costituzionale. Tra i quali una certa diffusione, per vari motivi non contrastata, del convincimento che esso sia qualitativamente diverso dalle altre discipline giuridiche in quanto sciolto da vincoli di metodo e perciò liberamente «narrabile» nei modi della mitopoiesi (docile strumento nelle mani di chi abbia occorrenza di una retorica al servizio di qualsivoglia posizione di parte, specie se difficile da difendere)... (segue)



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