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NUMERO 7 - 07/04/2010

Dopo le elezioni. Regioni e partiti nel tempo intermedio

Le elezioni regionali si sono svolte in forme di inedita concitazione, con l’impiego di toni ultimativi ed estremi, mettendo in campo temi assai poco corrispondenti alla dimensione delle comunità interessate; e i loro esiti sono letti di conseguenza, come il giudizio del corpo elettorale sui partiti in campo nella loro identità complessiva, sulle politiche governative, sul rapporto tra maggioranza e opposizione in sede nazionale.
In realtà, se si riguardano gli eventi con spirito di sistema – facendo la tara delle letture del risultato piegate, con qualche distorsione, alle esigenze del conflitto tra schieramenti e, soprattutto, tra componenti interne agli schieramenti – quanto è accaduto conferma alcune ricostruzioni plausibili avanzate già prima e in vista del confronto elettorale.
Era prevedibile che le elezioni mettessero alla prova la forma di governo regionale, segnata, anche dopo la stagione dei nuovi Statuti, da un assetto unidimensionale, a forte connotazione monocratica. Era altrettanto prevedibile che la competizione elettorale scoprisse il nodo del rapporto tra disciplina normativa della forma di governo e dinamiche partitiche; rapporto che i legislatori regionali hanno rinunciato a governare, sia in sede di elaborazione degli Statuti, come dimostra la pedissequa circolazione dei modelli, non influenzati in alcun modo da risultanze analitiche dei sistemi di partito su scala locale, sia in sede di legislazione elettorale, nella quale le Regioni sono parse particolarmente poco attive, preferendo rinunciare del tutto a introdurre proprie soluzioni normative, e dunque lasciando in vigore la legge dello Stato, ovvero orientandosi a operare su questa con assai poco pregevole tecnica novellistica. E la legge elettorale – se è lecito ricordarlo – è lo snodo di maggior rilievo, in sede normativa, tra forma di governo e sistema dei partiti.
I fatti si sono compiuti rafforzando le prime risultanze analitiche e dando riscontro a ragionevoli aspettative.
Si conferma che il sistema partitico italiano è interessato da rilevanti mutamenti, tali da chiamarne in causa la struttura. Il tratto di maggiore novità in tale dinamismo è dato dalla genesi, dal consolidamento – e dalla stagnazione e da segni di arretramento, nella sua forma di prima manifestazione in Italia, ovvero dalla difficoltà di piena affermazione in forme successive non altrettanto consolidate – del “partito personale” (il partito dominato dal suo leader, nei cui confronti la macchina organizzativa è ridotta a funzione servente, strumento di trasmissione del comando politico; leader che si pone al centro di una “rete” autonoma di relazioni, nella quale fa impiego della propria posizione istituzionale)... (segue)



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