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Valerio Onida, Presidente emerito della Corte costituzionale
Perché la celebrazione dei sessant’anni della Costituzione non resti solo uno stanco rito civile, dovremmo tutti (e tanto più i costituzionalisti, che della Costituzione non sono le vestali ma, si suppone, i conoscitori e gli “utenti” meglio in grado di apprezzarne tutti i risvolti) riflettere su ciò che ha prodotto il tempo passato dalla sua entrata in vigore.
La nostra, come si sa, è una Costituzione nata “presbite” e ormai longeva. Le generazioni che vivono e operano nel nostro mondo di oggi sono quasi esclusivamente successive a quella costituente. Come si pone la società di oggi rispetto ai contenuti e allo spirito della carta costituzionale? Sono convinto che la vera forza della Costituzione non stia oggi nel fatto che i cittadini si sentano o non si sentano eredi delle forze politiche e degli indirizzi politici che hanno dominato la scena nei decenni passati, ma piuttosto nel fatto che questa “casa comune” e il suo spirito rappresentano, oggi, un patrimonio oggettivo, condiviso e non (più) datato, di ideali e di valori a cui riconosciamo l’attitudine ad esprimere le esigenze fondamentali del nostro vivere insieme.
Da questo punto di vista il risultato del referendum del giugno 2006, pur fatta ogni debita tara per tener conto delle circostanze concrete e contingenti in cui si è svolto, non ha rappresentato, credo, una vittoria postuma delle “ideologie costituenti”, ma piuttosto la presa d’atto che il “deposito” lasciatoci in eredità dai costituenti, muovendo da quelle ideologie ma andando molto oltre, è per noi oggi un “deposito” valido, prezioso ed attuale.
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