editoriale di Stefano Ceccanti
Islam e Stato in Italia
Il rapporto tra Stato e Islam in Itaia presenta molti problemi aperti. Tuttavia questi problemi non sono comparabili a quelli che affrontano le comunità cristiane nel Medio Oriente, che oscillano di norma tra un certo grado di trattamento ispirato alla tolleranza religiosa fino a vere e proprie forme di persecuzione. Siamo lontani dagli standard richiesti dai documenti internazionali siglati dagli stati, a cominciare dall'articolo 18 della Dichiarazione Onu del 1948, che riconosce il diritto di libertà religiosa in tutta la sua estensione doverosa, compreso il diritto a cambiare religione o convinzione, soprattutto se appartenente alla religione di maggioranza che appare negato quasi ovunque, come spiegano i paragrafi 37 e 38, 109 e 110 dell'Instrumentum Laboris. La scelta, secondo i documenti internazionali, spetta alla persona nella sua libertà incomprimibile, non alla società o alla famiglia o ad altre entità collettive: una libertà che, come ricorda il paragrafo 27 dell'Instrumentum, le istituzioni hanno il dovere di garantire. Va ricordato che negli ultimi trent’anni le persecuzioni e le discriminazioni praticate in parte cospicua del Medio Oriente, anziché diminuire, hanno persino trovato pezze d’appoggio in dichiarazioni di stampo internazionalistico che hanno esplicitamente limitato il diritto alla libertà religiosa (ad esempio la cosiddetta Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nell’Islam, la Carta araba dei diritti dell’uomo ecc.). Sebbene non siano dotati di forza vincolante e nemmeno siano state adottati dagli Stati che pur hanno contribuito alla loro stesura, questi documenti testimoniano il montare dei profili e delle pratiche discriminatorie ed una politica del diritto che li avalla anziché limitarli... (segue)
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