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NUMERO 17 - 07/09/2016

L'Italicum davanti alla Corte costituzionale: una sfida ad ampio raggio

  Come noto, due Tribunali – quello di Messina con ordinanza del 17 febbraio 2016 e quello di Torino con ordinanza del 5 luglio 2016 – hanno sollevato alcune questioni di costituzionalità sull’ormai vigente legge elettorale per la Camera dei deputati, il cd. Italicum.  Si tratta di questioni il cui accoglimento potrebbe condurre all’annullamento parziale della legge, e dunque ad un diverso assetto della normativa, per lo più nel senso della cancellazione dei molteplici meccanismi volti ad assicurare in vario modo l’esito maggioritario alla consultazione elettorale, privilegiando talora l’obiettivo della “governabilità” rispetto a quello della “rappresentatività” dell’Assemblea. Così, il confronto tra il legislatore e la Corte costituzionale in materia elettorale torna prepotentemente al centro all’attenzione. Ed anche stavolta, come è già accaduto con la sentenza n. 1 del 2014 sulle leggi elettorali del 2005, i giudici hanno sollecitato l’intervento della Corte utilizzando in modo assai espansivo – e, per alcuni commentatori, controverso e perciò criticato - le potenzialità dell’accesso in via incidentale, quasi alla stregua di un ricorso diretto. Una delle due ordinanze di rimessione, poi, è stata adottata prima ancora del 1° luglio 2016, giorno dal quale l’Italicum è divenuto applicabile. Per di più, in questa occasione la Corte costituzionale per la prima volta è stata chiamata a pronunciarsi su una legge elettorale di rilievo nazionale che non è stata ancora concretamente applicata. Certo, stavolta l’inusuale carattere preventivo del giudizio potrebbe agevolare un sindacato di costituzionalità protetto da una sorta di velo di ignoranza, al riparo cioè da condizionamenti legati agli effetti già prodotti dalla legge elettorale, senza il timore di sanzionare implicitamente, insieme alla legge o a parti di essa, anche la rappresentanza parlamentare che ne sarebbe stata il frutto. Ma così non è. La rilevantissima politicità che è intrinseca alle molteplici questioni di costituzionalità adesso sottoposte al sindacato di costituzionalità, rimane del tutto intatta se soltanto si considera il contesto in cui la Corte è ora chiamata a pronunciarsi. Al pari di quanto è già avvenuto quando si giunse alla ricordata sentenza n. 1 del 2014 – ove venne clamorosamente dichiarata l’illegittimità parziale di aspetti essenziali di entrambe le leggi per le elezioni politiche nazionali (circa l’assegnazione del premio di maggioranza e l’impossibilità di esprimere alcuna preferenza al momento del voto) -, anche la sentenza che sarà adottata sull’Italicum costituirà un passaggio cruciale nel complesso intrecciarsi delle riforme istituzionali, elettorale e costituzionale. Essa sarà letta, o quanto meno utilizzata, dai mezzi di comunicazione anche come un giudizio espresso su un aspetto cruciale di tale percorso di riforma, se non addirittura sul Governo attuale e sulla maggioranza che sostiene quest’ultimo, in quanto promotori e responsabili di queste riforme. Pochi giorni dopo la pronuncia della Corte, infatti, si svolgerà il referendumpopolare sulla legge di “grande” revisione costituzionale che, tra l’altro, ridisegna l’assetto parlamentare attribuendo alla sola Camera la titolarità del rapporto di fiducia con il Governo. Non vi è dubbio, allora, che l’esito della sentenza, qualunque esso sia, influenzerà il dibattito che si infiammerà negli ultimi giorni della campagna referendaria. Secondo alcuni, se la legge passerà indenne il sindacato di costituzionalità, ne risulterà complessivamente rafforzata la posizione dei favorevoli alla riforma costituzionale; il contrario potrebbe accadere qualora la Corte riscontrasse nell’Italicum un qualche vizio di legittimità costituzionale. Ma si potrebbe anche ritenere che un esito caducatorio limitato agli aspetti più critici dei meccanismi maggioritari della legge (come, ad esempio, il premio di maggioranza assegnato al ballottaggio), potrebbe attenuare alcuni timori nei confronti dei profili più marcatamente decisionisti del congiunto operare della riforma costituzionale e della legge elettorale, così da indurre una parte dei cittadini ancora incerti a spostarsi nel campo del sì alla riforma.  In ogni caso, se sarà accertata la presenza di uno o più vizi di costituzionalità, la mutata configurazione dell’Italicum – ricondotto, in misura più o meno consistente, al principio proporzionalistico - inciderebbe sul concreto funzionamento della riforma costituzionale e particolarmente sulle modalità di formazione delle maggioranze, sul ruolo dei partiti e dei gruppi parlamentari, e infine sull’equilibrio tra Governo e Parlamento. A seguito di un’eventuale sentenza di accoglimento parziale – e, ovviamente, fatta sempre salva l’eventualità di un successivo intervento del legislatore - sarebbe infatti la stessa Corte costituzionale l’autore ultimo della legge elettorale, quella normativa cioè materialmente costituzionale che sarà destinata – secondo quanto previsto nella riforma costituzionale – a determinare i rapporti di forza in seno all’unica Assemblea titolare del rapporto di fiducia con il Governo... (segue)



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