editoriale di Fulco Lanchester
La Costituzione tra crisi di regime e recessione del principio della rappresentanza politica
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I tempi lunghi della storia costituzionale italiana sono stati delineati di recente da Leopoldo Elia nella “duplicità di effetti tra la buona Costituzione che perdura e le strutture politiche fondatrici che scompaiono”, ovvero “le forze politiche che avevano contribuito a formarla”. Nel
Discorso tenuto alla Corte costituzionale in occasione del 60° anniversario della Costituzione alla Corte Costituzionale Elia è, infatti, riuscito a “pattinare” da par suo tra la
costituzione in senso materiale di Costantino Mortati e la
costituzione vivente di Carlo Esposito e (come Valerio Onida nelle relazioni tenute ai
Lincei e alla
Facoltà di Scienze politiche de “La Sapienza”), di fronte al mutamento radicale dei soggetti politicamente rilevanti, molto sembra affidarsi ad un contesto europeo capace di sostenere con i suoi valori le incertezze dello stesso ordinamento costituzionale italiano.
Si tratta di un tentativo meritorio, ma difficile, di salvare ad ogni costo due differenti elementi: in primo luogo, il contesto generatore dell’impianto costituzionale del 1948, caratterizzato non soltanto dal discorso sulle quattro libertà di Roosevelt, ma anche dalla presenza dell’URSS e dall’esigenza di stabilizzare società civili stremate con l’ombrello dello Stato sociale; in secondo luogo, un impianto istituzionale debole e basato sull’elemento costitutivo di partiti pesanti e strutturati, che ora non esistono più e che sono stati sostituiti da formazioni elettorali basate sul principio autocratico plebiscitario e senza referenti solidi nelle famiglie politiche europee. Di fronte alla trasformazione radicale di ideologie e protagonisti, Elia riconosce, inoltre, che il fallimento dell’integrazione del Pci durante gli anni Settanta ha causato, nel tempo, un indebolimento del tessuto originario della Costituzione, che è divenuta
trasparente, ovvero meno solida e spessa, nell’ambito di una società - per chiosare Zygmunt Baumann – oramai
liquida.
Dal punto di vista storico costituzionale, però, la crisi - a mio avviso - non data dal 1978 come ci si affanna in questi giorni a dire in occasione dell’anniversario del rapimento dell’on. Moro, ma risale perlomeno al 1968, con la sconfitta dell’ipotesi riformista del centrosinistra e con l’inizio della transizione infinita, divisibile in un ciclo lungo all’intero dei soggetti originari (fino al 1993) ed in uno corto che tuttora stiamo vivendo. La mutazione incompiuta si è trascinata, infatti, prima per un quarto di secolo sino al 1993, e poi si è avvitata nel successivo quindicennio per l’incapacità del sistema di completare un riallineamento del sistema partitico ed un coerente rinnovamento istituzionale... (segue)
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