editoriale di Giovanni Maria Flick
La Costituzione: dall'Unità d'Italia all'unione degli italiani
Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II°, Re di Sardegna, diventava – per grazia divina, ma soprattutto per volontà della nazione – Re d’Italia, dando inizio così al lungo percorso dell’unità d’Italia. Quale il modo migliore per ricordare adeguatamente un evento tanto importante per la storia del nostro Paese?
Ha ancora senso, oggi, parlare di unità d’Italia, di identità italiana, di fronte ad una prospettiva europea o addirittura globale, in cui le identità nazionali corrono il rischio di perdersi nel multiculturalismo se non nella multietnicità; o, al contrario, di fronte alle tendenze opposte del localismo e della chiusura, alle mire secessioniste che oggi si fronteggiano al nord come al sud? E’ ancora possibile e utile guardare al passato, al fine di trarne qualche insegnamento per il presente e per il futuro, secondo la scritta che si legge nel campo di concentramento di Dachau: “chi ignora il passato è condannato a ripeterlo”?
Per rispondere, è opportuno uno sguardo retrospettivo ai centocinquanta anni trascorsi; una parabola che ha preso l’avvio da una unificazione la quale si è sviluppata attraverso le guerre di indipendenza: le prime tre per realizzarla, la quarta (la guerra del ’15-’18) per consolidarla, completando il primo Risorgimento. Ma in quella parabola si collocano anche il fascismo, la seconda guerra mondiale, la sconfitta, la perdita dell’unità nazionale, quando il paese tornò nuovamente a dividersi tra il Regno del Sud e la Repubblica Sociale al Nord. Infine, nella parabola si collocano la Resistenza, la guerra civile, il secondo Risorgimento, per giungere alla scelta repubblicana e alla Costituzione, che rappresenta – anche cronologicamente – il momento centrale e attuale della nostra esperienza e della nostra vita unitarie.
Bisogna quindi volgere lo sguardo alla Costituzione – alla sua origine, alla sua scrittura, alla sua attuazione (certamente incompleta) – per celebrare questi centocinquanta anni; e vorrei provare a farlo con le parole – quanto mai attuali – di due miei autorevolissimi predecessori.
Enrico De Nicola era un liberale monarchico, che divenne Capo provvisorio dello Stato e poi primo Presidente della Corte Costituzionale. Alla prima udienza di quest’ultima, nel 1956, disse: “La Costituzione è poco conosciuta anche da chi ne parla con saccenza. Deve essere divulgata senza indugio prima che sia troppo tardi”. Leopoldo Elia – anch’egli Presidente della Corte – nel 2008, in occasione del sessantesimo anniversario della Costituzione, ricordava che “essa è profondamente attuale, ha saputo comprendere fenomeni nuovi, non previsti quando venne scritta”. Si riferiva a temi come l’ambiente, la privacy, il mercato e la concorrenza, la dimensione europea; temi che la Costituzione ha certamente saputo intuire e cogliere, consentendone lo sviluppo, l’attuazione e la tutela, pur senza averli previsti esplicitamente... (segue)
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