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NUMERO 14 - 12/07/2017

Le trasformazioni istituzionali in 60 anni di integrazione europea

L'ordinamento costituzionale italiano, così come gli ordinamenti di tutti gli Stati europei, ha conosciuto una profonda evoluzione nel corso dei sessant'anni che ci separano dalla firma dei Trattati di Roma. In sessant'anni si fa la storia, e il 1957 – a tutti, anche a chi di noi già c'era – sembra una data lontanissima nel passato. E, allora, partiamo non da ieri, ma dall’oggi, prendendo le mosse da quella che nel 2017 è la vera scommessa costituzionale dell'Unione europea: la Brexit. E, invero, il Regno Unito dal giugno 2016 si dibatte su come dare attuazione ad uno sciagurato referendum sul leave o remain. Ci sono voluti nove mesi, due decisioni giudiziarie e due passaggi parlamentari, per decidere se e come presentare la domanda ex art. 50 TUE. A marzo 2017 si è aperto un periodo di due anni (prorogabile, certo, ma solo con decisione unanime degli Stati membri in sede di Consiglio europeo) in cui il Regno Unito dovrà decidere il modello di rapporto con l'Unione europea e verificare capitolo per capitolo come affrontare l'uscita da tutte quelle aree della vita associata che l'Unione europea ha messo insieme nei quarant'anni della permanenza britannica. Uscire - nonostante ciò che dicono i tifosi, ovunque annidati e domiciliati, dell’uscita dall'Unione europea - è difficile, quasi più difficile della dissoluzione dell'Unione: vorremmo dire che uscire è impossibile, giacché ben si potrebbe sostenere che le limitazioni alla sovranità necessarie ad assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni - come dice icasticamente la Costituzione italiana - sono irreversibili, ma l'art. 50 TUE ha reso una possibilità remota e tecnicamente eversiva una evenienza concretamente realizzabile. Anche l'ingresso è stato difficile: i tredici Stati che sono entrati nel XXI secolo hanno dovuto adeguarsi ai 35 capitoli dei criteri di Copenhagen del 1993, adattando il loro ordinamento all' acquis 

communautaire; ma ciò vuol dire che 500 milioni di europei usufruiscono di un diritto comune, come ancora avveniva nel XVII secolo, quando nei domini dei principi dei cristiani (l’Impero germanico e i principati italiani, il Regno di Napoli e della Sicilia, il Regno dei Galli, della Spagna, della Lusitania, dell’Anglia, dell’Ibernia, della Scozia, della Polonia, dell’Ungheria, della Daunia, della Svezia, della Boemia) esisteva una comunità legata dall'uso comune del diritto civile romano. E, infatti, qualunque cosa affermino critici politici e teorici, populisti di vario segno, orientamento e confessione, l'Europa non è il soggetto che disciplina la lunghezza delle banane o la quantità dell'acqua che deve uscire dagli sciacquoni, come con ironia a buon mercato qualcuno afferma, costruendoci sopra false verità di facile presa, ma è un soggetto che interviene, anche in termini di principi e di valori, su quasi ogni aspetto della nostra vita associata, secondo modello decisionali che cercano di rispondere ad una - certo, ancora imperfetta - democrazia sovranazionale. Così, solo per fare qualche esempio, a fine luglio 2017, la Corte di giustizia si è pronunciata in una causa che rivoluzionerà il sistema radiotelevisivo, intervenendo lì dove non sono riusciti - provandoci per decenni - né il legislatore né i giudici italiani. Sono ricorrenti gli incontri tra le amministrazioni nazionali e la commissione per discutere della sorte di alcuni grandi interventi pubblici su situazioni di crisi economica alla luce della disciplina europea in tema di aiuti di stato. In nome di questa disciplina e delle sue conseguenze processuali e sostanziali è in corso una profonda querelle tra la Corte di giustizia e la Corte costituzionale italiana. La disciplina antitrust - nuovo credo collettivo in nome del quale si incontrano operatori pratici e teorici di tutto il mondo - è esclusivamente europea. La disciplina dell'ambiente è europea, anche se non ce ne accorgiamo perché poi applichiamo leggi nazionali di recepimento di direttive. La disciplina delle comunicazioni è europea. La disciplina della moneta è europea. Altri esempi se ne potrebbero fare molti, ma sono sotto gli occhi di qualsiasi osservatore appena attento della realtà istituzionale. Come succede in una democrazia federale allo stato nascente - il processo federale degli Stati Uniti, che pur ha conosciuto e superato una drammatica guerra civile, si è assestato forse solo con la crisi del 1929 che ha centralizzato poteri fino ad allora ancora nelle mani degli Stati membri - i meccanismi decisionali si basano, dopo la razionalizzazione dei Trattati di Lisbona, sull'intervento di un motore politico, il Consiglio europeo, che qualche volta si imballa andando in fuori giri (come quando si riunisce a ripetizione nella incapacità di indicare una strada alle istituzioni europee), di un motore esecutivo, la Commissione, di due luoghi della rappresentanza, quella politica, il Parlamento, e quella territoriale, il Consiglio, e di una Corte suprema, garante dell'equilibrio tra i poteri e della uniforme interpretazione del diritto europeo. Certo, il circuito decisionale europeo sconta ancora molte indecisioni, lentezze, colli di bottiglia, incongruenze, e va sicuramente perfezionato con interventi mirati e ad hoc. Alcuni interventi richiedono la revisione dei Trattati, strada difficile in questo momento, anche se potrebbe apparire interessante affiancare alla procedura dell’art. 50 per l'uscita della Gran Bretagna, una procedura ex art. 48, commi 2-5, con l'obiettivo di verificare quanti Stati membri alla fine dei due anni previsti dall’art. 48, comma 5, abbiano ratificato l'accordo (se fossero almeno 22, gli altri cinque potrebbero essere messi di fronte alla questione “politica” della mancata ratifica - e dunque della loro permanenza - che verrebbe deferita al Consiglio europeo), altri potrebbero realizzarsi attraverso scelte politiche comuni dei Paesi membri. Tra queste misure, la più immediata e di grande impatto sarebbe l’unificazione delle figure del Presidente del Consiglio europeo e del Presidente della Commissione, scelta che unificherebbe il vertice del motore politico e del motore esecutivo dell'Unione, aprendo la strada ad interessanti evoluzioni costituzionali... (segue)



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